Africa adesso! Africa now era un progetto ambizioso che avevamo costruito con il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando prima della pandemia. L'idea, nata dall'elaborazione della mia ricerca "Africa Loro" in Kenya, Tanzania e Mozambico, era di fare diventare Palermo un hub per l'Africa che "fa cose", nella prospettiva che un'idea assistenzialista del continente che sta a poca distanza dalle coste siciliane serva solo a perpetuare stereotipi colonialisti. Avevo presentato i miei contatti con il mondo della moda, del design, della musica, dell'arte, del cinema e soprattutto con una straordinaria rivista online e cartacea "Nataal" prodotta tra Lagos e Capetown. Una visione da vertigine di un'Africa giovane che si muove velocissima e che è all'avanguardia nei campi della sperimentazione. "Nataal" e la sua redazione sono oggi un punto di riferimento fondamentale per capire cosa si crea e si produce sia in Algeria che in Ruanda, in Guinea Bissau come in Nigeria. Il bello di "Nataal" è che si rimane stupiti da quanto quest'Africa rifugga dal piangere su se stessa e chieda a gran voce che la smettiamo con i nostri atteggiamenti arretrati e paternalistici.
Il sindaco voleva richiamare a Palermo l'energia imprenditoriale di un'Africa che sempre di più vuole avere un posto nell'orizzonte globale. Palermo poteva essere il luogo dove si incontravano le energie produttive del Sud d'Europa e del grande continente. Volevamo soprattutto rivolgerci all'Africa subsahariana, a quel mondo in buona parte nero, ma anche molto ibridato che oggi è l'obiettivo da conquistare per le nuove potenze asiatiche.
Passeggiando per Palermo quest'Africa si sente. Sant'Egidio ha da poco aperto un presidio in centro storico, la fondazione Danilo Dolci opera in un mondo in cui giovani etiopi fanno da raccordo a operazioni di scambio di ampio respiro. Una grande occasione. Avevamo anche trovato una madrina, la straordinaria cantante maliana, ma basata in Italia, Fatoumata Diawara, interprete di un sound robusto e coinvolgente ma anche testimonial della moda africana e attrice. La concezione alla base di tutto questo è che l'Africa è un continente dinamico, che non ha bisogno del nostro sguardo pietoso, e un partner fondamentale del rinnovamento delle politiche economiche mondiali. C'erano anche onlus disposte a dare una mano economica al progetto. Però tutto si è arenato. La politica locale non è riuscita a volare nemmeno questa volta. Orlando isolato e spaventato anche dal Covid ha finito per mettere da parte l'impresa e il tutto è finito nel dimenticatoio delle buone intenzioni.
Peccato, per l'ennesima volta la mia città si è rivelata un territorio di sabbie mobili, un luogo di figure di spicco, ma incapaci di fare squadra. Come se ci fosse un divario incolmabile tra chi fa ricerca e chi amministra, come se la politica restasse sempre più relegata alla retorica antimafia e alla mitologia del Mediterraneo. Oggi come non mai un'attenzione all'Africa Subsahariana darebbe molti premi al nostro Paese, sia come area con cui intrattenere scambi non di rapina inutile: i pomodori keniani a Padova, le rose per i nostri San Valentino spedite due volte al giorno dalla Klm… – sia come immenso serbatoio di formazione – un continente tutto di giovani. Forse il problema di Palermo è di non essere un mondo giovane, ma un luogo del tramonto delle idee, dove anche un coraggioso ma stanco sindaco non può fare altro che agitarle.
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