Il suo vero nome è Robin, che significa pettirosso, e questo spiega perché mamma e papà l’hanno sempre chiamata Passerotto. Ma per tutti, nonostante sia femmina, Robin è Drew. Drew come suo padre, morto quando lei aveva solo tre anni e del quale più che un ricordo la ragazzina conserva, come una reliquia, un vecchio quaderno pieno di riflessioni sulle cose belle della vita. E’ un’estate speciale quella del 1986 che la tredicenne racconta come attraverso un diario. L’estate in cui sua madre apre un negozio di formaggi, un “Cheese Shop” antesignano di quelle gastronomie eccellenti che sarebbero venute di moda molto più tardi; l’estate in cui il suo cuore inizia a battere per Nick il bel diciannovenne che lavora al negozio, surfista e vespista appassionato, portento nell’arte di tirare la sfoglia e confezionare ravioli. Ma anche l’estate in cui Drew trova un amico inseparabile in Hum, un ratto domestico dalla pancia bianca e i baffi lunghi che tiene in una gabbietta dentro lo zaino. Le vacanze estive della ragazzina si annunciano perfette nella loro monotonia: niente campeggi, gite in città lontane né corsi di pittura o fotografia. Semplicemente avrebbe lavorato in negozio e di buon grado perché dei coetanei, così diversi da lei, fa volentieri a meno. Invece la piatta quotidianità della vita di Drew viene scombussolata da un incontro imprevisto. Quello con Emmet Crane, ragazzo dolce ed enigmatico, con una storia complicata sulle spalle, che fruga tra i rifiuti e gli avanzi del negozio e le lascia messaggi gentili a forma di origami. E’ così che l’estate di Drew prende tutta un’altra piega: abbandonando la sua naturale prudenza, finirà per inseguire con Emmet un sogno impossibile. Il giorno in cui imparai a volare è un romanzo dell’americana Dana Reinhardt (Mondadori; 15 euro), un racconto fresco e appassionato sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza, sulla forza dell’amicizia e dei sogni impossibili. Dai 13 anni.
La prima edizione originale è datata 1964, cinquant’anni fa. Nello scrivere La Fabbrica di Cioccolato il mitico Roald Dahl si era ispirato alla sua giovinezza quando, studente alla Repton School, partecipava alle degustazioni collettive e poi alle votazioni dei nuovi cioccolatini della ditta Cadbury che poi lanciava sul mercato i bon bon preferiti dai giovani assaggiatori. La Fabbrica del libro, uno dei più conosciuti di Dahl, è quella del signor Willy Wonka, genio bizzarro del cioccolato. Una specie di fortezza circondata da un muro altissimo e avvolta da una spessa coltre di profumo di cioccolato fondente. Il piccolo e povero Charlie Bucket che vive con i genitori e i quattro nonni nei paraggi, la fabbrica la oltrepassa ogni giorno per andare a scuola con l’acquolina in bocca e lo stomaco ammaccato per la fame, ovviamente incuriosito da quel colosso che sforna golosità. Perciò quando la fortuna vuole che sia proprio lui tra i cinque fortunati bambini ammessi per un giorno intero a una visita guidata, alla scoperta dei segreti della fabbrica, Charlie non sta più nella pelle. Accompagnato dal nonno, il bambino si avvia a esplorare, insieme all’improbabile gruppo di viziati e ingordi visitatori autorizzati, un mondo magico e meraviglioso tra vagonate di chicchi di cacao, cascate e fiumi di cioccolato governati dalla miriade di piccoli laboriosi operai, gli infaticabili Umpa-Lumpa. Venti milioni di copie vendute in tutto il mondo, settecentomila in Italia – pubblicato per la prima volta in Italia nel 1988 nella collana dei Superistrici Salani - La Fabbrica di Cioccolato arriva di nuovo in libreria in una bella edizione che Salani dedica all’anniversario dei 50 anni (12,90 euro) con le inconfondibili illustrazioni di Quentin Blake. Dai 9 anni
Bubo Bubo - non è una ripetizione ma il nome e il cognome del protagonista di questo albo rivolto ai più piccini – è un cucciolino, anche se la sua principale preoccupazione è convincere insistentemente il lettore di quanto si senta grande. Del resto la creaturina ha due occhi davvero enormi e un musetto non proprio microscopico anche se poi sfogliando le pagine, lo vediamo con il pannolino e l’inseparabile peluche, solo quattro dentini in bocca. Che si tratti di un tipetto sveglio e spavaldo va da sé: di arrampicarsi non ha paura, al ristorante sa fare le proprie richieste con giudizio e neppure gli occorre una pila di cuscini sulla sedia. Ci sarebbe però un piccolo equivoco da non sottovalutare… Quale lo si scopre in Piccolo Grande Bubo, un altro gioiellino realizzato da Beatrice Alemagna – indimenticabili i suoi Cinque Malfatti! – per l’editore Topipittori (13 euro) nella collana “I grandi e i piccoli”. Pagine da condividere, leggere, rileggere e raccontare, andando oltre le poche parole scritte, divagando allegramente tra i tanti particolari delle illustrazioni. Ancora, pagine che accompagnano i piccolini nella loro ansia di crescere e nel desiderio di sentirsi già grandi dentro le piccole conquiste di ogni giorno. Dai 3 anni.
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