I dittatori, la storia lo insegna, sono capaci delle più grandi scelleratezze. Prendete lo sciagurato Necrode che una sera appare in tv con un folle quanto ridicolo proclama:
nella sua isola, spiega, si chiacchiera troppo, perciò saranno bandite le parole inutile, ovvero quasi tutte.
Dopodiché i sudditi dovranno attenersi all’elenco ufficiale delle parole consentite: il pazzoide ne salva solo dodici, dodici verbi, quelli che descrivono le azioni principali della vita tra cui nascere, morire, dormire, mangiare, lavorare… e, dulcis in fundo, acclamare. Chi?, ovviamente il Presidente a vita. Al proclama seguono episodi incresciosi, le biblioteche bruciano, gli spietati commandos di Necrode arrestano le parole vietate ancora in circolazione, prime tra tutte quelle straniere… E’ il clima giusto perché prendano corpo piccoli focolai di ribellione. Giovanna e i suoi compagni - guidati dalla coraggiosa maestra Lorenzini che ha abituato i suoi allievi
a definire le cose con il loro nome, a divertirsi con l’etimologia e a giocare con la storia delle parole - sono tra questi. I bambini non vogliono rassegnarsi a perdere il tesoro della propria lingua e
così danno vita a un’operazione di resistenza. In una vecchia miniera abbandonata in una sarabanda di suffissi, prefissi, radici latine e greche, i giovani partigiani del libero linguaggio scoprono un’allegra fucina di parole che li vede subito parte attiva. Dopo averci condotto nel mondo armonioso della grammatica, raccontato le avventure dei cavalieri del congiuntivo e i balletti delle virgole, con La fabbrica delle parole (Salani; 12 euro) Erik Orsenna ci porta al fianco dei difensori delle parole, custodi di una varietà lessicale essenziale per la pluralità delle idee e dei sentimenti. Per appassionati dell’italiano e per chi vuole diventarlo. Dai 12 anni.
Si chiama Thia l’isola dove è proibito leggere, semplicemente perché i libri non esistono o per lo meno non ci sono più. Non è chiaro come si sia arrivati a una simile situazione ma non è difficile immaginarlo: i libri aprono mondi altri, consentono alle menti di viaggiare, di pensare, di conoscere, fantasticare, vivere altre vite e sentirsi liberi di farlo. Punti di partenza molto pericolosi per chi ha invece interesse che le persone restino legate a una grigia immobilità. Del resto un’isola è un mondo che facilmente si può trasformare in una prigione a cielo aperto. E Thia di per sé è perfetta: nessuno vi si può allontanare e nessuno può approdarvi. In questa che come recita il titolo è L’isola dei libri perduti (Einaudi Ragazzi; 11 euro) c’è invece vuole capire che razza di vita sta vivendo. Scrutare l’orizzonte, fantasticare sui confini del mondo
e sentirsi prigionieri è quanto di peggio possa capitare a un giovane che vive di progetti e sogna di realizzarli. Qui i ragazzi che vogliono evadere dalla morsa di una realtà banale in cui nulla accade sono quattro: amici curiosi, esasperati, ribelli e coraggiosi, desiderosi di uscire dalla morsa di un presente che non regala loro alcun futuro. Per capire il ruolo dei libri in questa storia, se siano o meno davvero scomparsi, o se qualcuno li abbia nascosti e protetti dall’oblio, bisogna pero leggere il racconto, fino all’ultima pagina. Scrive Annalisa Strada, autrice e insegnante, premiata quest’anno a Genova con l’Andersen per Una sottile linea rosa nella categoria “miglior libro oltre i 15 anni”. In copertina la mano inconfondibile di Jacopo Bruno, illustratore di grande talento di tante copertine per numerosi e svariati editori. Tutte visibili nel suo sito che merita una visita. Dai 13 anni.
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