Il nostro «Non è un Paese per scienziati, ma c'è un modo per diventarlo»! Così sentenzia Elena Cattaneo (“Repubblica” (24/1, p. 1). Speriamo, ma non è neppure un Paese per discutere normalmente su tutto. E così (“La Stampa”, 25/1, p. 1) leggi che questa settimana è difficile per il Governo per tante ragioni, ma con aggiunta: «Oggi si riunisce il Consiglio della Cei, e figurarsi se il suo presidente farà mancare un'uscita forte contro la legge Cirinnà». Quel «figurarsi», tra l'allegro e il contrariato, la dice lunga sull'aria che tira. La nostra democrazia è ancora prigioniera dei pregiudizi, uno dei quali – non fra i minori, di continuo presente in tante teste, e anche in tante pagine – è che i cittadini cattolici, specialmente se uomini di Chiesa, debbono parlare di tutto fuorché di cose di cui tutti gli altri possono discutere liberamente. E se ne parlano, debbono far finta di non essere quello che sono! Per fortuna, stesso giorno, leggi su “Repubblica” (p. 8) che «per Bagnasco, come per tutti i vescovi le priorità del Paese non sono le unioni civili, ma vanno dalla disoccupazione alla povertà di quelli che «non riescono ad arrivare alla fine del mese, fino al problema sempre più acuto dell'immigrazione». Si può, senza offesa, essere d'accordo? Con fortuna doppia! Stessa “Repubblica” (p. 21) Agostino Giovagnoli scrive che «la manifestazione del 30 gennaio non riporterà indietro la storia» e citando il pensiero di Jurgen Habermas aggiunge che «la presenza anche di un punto di vista religioso arricchisce il dibattito pubblico e migliora la qualità della democrazia». E già! A meno che la democrazia per qualcuno ci sia solo quando – pare sia successo davvero – la scelta decisiva applaude sempre Barabba e condanna l'imbarazzante presenza di un certo Gesù di Nazaret. Ma «figurarsi»!
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