Il saluto ad alcuni partecipanti in un fermo immagine da Ctv
«La qualità della vita all’interno di una società si misura, in buona parte, dalla capacità di includere coloro che sono più deboli e bisognosi». Lo ha ribadito papa Francesco ricevendo stamani in udienza i membri della Comunità di Capodarco, che l’anno scorso ha festeggiato i 50 anni dalla sua fondazione.
Nell’Aula Paolo VI sono risuonate queste parole del Papa, interrotte dall’applauso dei presenti: «La discriminazione in base all’efficienza non è meno deplorevole di quella compiuta in base alla razza o al censo o alla religione».
Da mezzo secolo la comunità fondata da don Franco Monterubbianesi e presieduta da don Vinicio Albanesi, che hanno tenuto un breve discorso introduttivo, lavora per includere i più svantaggiati dal punto di vista fisico, psichico e sociale. Il fondatore ha chiamato accanto a sé, in rappresentanza della comunità, una mamma, un papà e una giovane.
Le 3 richieste di don Albanesi
«Abbiamo sofferto molto lo scarto» ha detto nel suo intervento don Albanesi citando un’espressione usata spesso dal Papa: la cultura dello scarto che inquina i nostri giorni, emarginando ed escludendo i più deboli quasi fossero dei rifiuti. Davanti a un ragazzo affetto da grave handicap, e la cui unica consolazione era appoggiarsi al braccio della madre, don Albanesi ha ricordato di aver detto a se stesso: «Questa vita vale come la vita del Papa».
Ed è forse con riferimento a quel pensiero che Francesco ha esordito, nell'unica aggiunta a braccio al testo scritto: «Sono lieto di quello che ho sentito, molto lieto». Ma avrebbe potuto riferirsi anche alle 3 richieste che don Albanesi, con suo parlare diretto, gli ha fatto: una riflessione, intesa come un testo a sua firma, sulla dignità delle persone; un'azione che riguardi l'iniqua distribuzione delle ricchezze; infine di leggere «almeno l'indice» del libro Il diaconato alle donne che gli ha donato. «Abbiamo aspettato 50 anni per incontrare Lei» aveva esordito. E ha concluso: «Non si curi di quanti vanno cincischiando sui dubia». Aggiungendo: «Le vogliamo bene, veramente bene».
Il Papa: l'inclusione diventi la norma
«Voi avete scelto di stare dalla parte di queste persone meno tutelate, per offrire loro accoglienza, sostegno e speranza» ha detto Francesco ricordando i 50 anni della Comunità e ringraziando «il Signore per il bene compiuto in tutti questi anni al servizio delle persone disabili, dei minori, di quanti vivono situazioni di dipendenza e di disagio, e delle loro famiglie». «In questo modo - ha proseguito - avete contribuito e contribuite a rendere migliore la società». Infatti, ha spiegato, «la qualità della vita all'interno di una società si misura, in buona parte, dalla capacità di includere coloro che sono più deboli e bisognosi, nel rispetto effettivo della loro dignità di uomini e di donne. E la maturità si raggiunge quando tale inclusione non è percepita come qualcosa di straordinario, ma di normale». «Anche la persona con disabilità e fragilità fisiche, psichiche o morali, deve poter partecipare alla vita della società». Ed è scattato l'applauso quando il Papa ha scandito: «La discriminazione in base all'efficienza non è meno deplorevole di quella compiuta in base alla razza o al censo o alla religione».
Ai più fragili «un posto privilegiato nella Chiesa»
Ripercorrendo le caratteristiche dell'attività di Capodarco, il Papa ha osservato che il loro approccio ai più deboli «supera l'atteggiamento pietistico e assistenzialistico, per favorire il protagonismo della persona». E ancora una volta li ha ringraziati «per la testimonianza che date alla società, aiutandola a scoprire sempre più la dignità di tutti, a partire dagli ultimi, dai più svantaggiati». Il valore dell'esempio è più importante, come ricordava l'altro giorno un tweet di Francesco, di qualsiasi tipo di dichiarazione. «Accogliendo tutti questi "piccoli" segnati da impedimenti mentali o fisici, o da ferite dell'anima - ha proseguito il Papa - voi riconoscete in essi dei testimoni particolari della tenerezza di Dio, dai quali abbiamo molto da imparare e che hanno un posto privilegiato anche nella Chiesa».
Al termine papa Francesco ha invitato a recitare insieme un’Ave Maria, pregando quella Madre che a tutti dà forza. Poi si è intrattenuto per circa mezz'ora stringendo mani e salutando i presenti, che hanno ricambiato l'abbraccio con cori e applausi.