Centomila giovani per il Papa. E le loro danze, i canti, le testimonianze illuminano la precoce serata di Antananarivo. Il sole è calato, fa anche abbastanza freddo, ma l'entusiamo nel campo diocesano di Soamandrakizay è inversamente proporzionale alla temperatura esterna. Alla fine anche Francesco si lascia coinvolgere dall'entusiasmo di alcuni ragazzi che lo circondano e saltano al ritmo, ripetendo: "Siamo la gioventù del Papa!"
La piccola “Gmg” che il Madagascar ha organizzato per l'arrivo di Francesco prende quota nelle parole del giovane Rova, che si impegna per i carcerati, nel racconto di Vavy Elissa, figlia di due genitori che pur appartendo a etnie diverse hanno saputo costruire una famiglia unita, nel saluto del vescovo malgascio delegato per i giovani, Fulgence Razakarinovy, che ricorda al Pontefice come la popolazione di questo Paese sia composta al 60 per cento da giovani.
Sono storie di ragazzi che non si sono arresi. E così il Pontefice non si lascia sfuggire l'occasione per un incoraggiamento. "Attraverso di voi il futuro entra nel Madagascar e nella Chiesa?". La realtà, anche la più difficile, può essere cambiata. "È vero – sottolinea - che c'è il rischio per voi di pensare: 'E' così, niente può cambiare e nessuno ci può far nulla'. Soprattutto quando non si dispone del minimo necessario per combattere giorno per giorno; quando le effettive opportunità di studiare non sono sufficienti; o per coloro che si rendono conto che il loro futuro è bloccato a causa della mancanza di lavoro, della precarietà, delle ingiustizie sociali e che quindi sono tentati di arrendersi".
Ma non è così. Il Papa ricorda che il Signore chiama ognuno per nome "non per farci correre dietro a delle illusioni, ma per trasformare ognuno di noi in discepoli-missionari qui e ora". Egli "ci chiede di non avere paura di sporcarsi le mani".
Non ci manda da soli, in prima linea, però. "Siamo invitati a scoprire il volto di Gesù nei volti degli altri. Mai isolarsi". E così il Papa chiede a ognuno dei giovani presenti: "Il Signore può contare su di te? La Chiesa può contare su di te? Il Madagascar può contare su di te?".
Infine il Papa affida i giovani a Maria. "Siamo una grande famiglia. abbiamo una madre". "Quella ragazza che ha detto sì senza giri di parole – ricorda il Papa – oggi è la madre che veglia sui suoi figli che camminano nella vita spesso stanchi, bisognosi, ma che desiderano che la luce della speranza non si spenga". "Questo vogliamo per il Madagascar: per ciascuno di voi e per i vostri amici: che la luce della speranza non si spenga", conclude il Pontefice.
AI VESCOVI: I POVERI SONO I PRIMI DESTINATARI DEL VANGELO
I poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo. È questa una delle raccomandazioni del Papa, consegnate ai vescovi del Madagascar durante l'incontro nella Cattedrale di Andohalo ad Antananarivo. Dopo l'intensa mattinata, durante la quale aveva rivolto un appello contro la deforestazione e a favore dello sviluppo sostenibile, Francesco, con ampie aggiunte a braccio al discorso scritto, ha messo in evidenza l'esigenza di una attenzione particolare agli ultimi nella pastorale della Chiesa cattolica locale. "L’annuncio del Vangelo – ha detto - include la vostra preoccupazione per tutte le forme di povertà: non solo assicurare a tutti il cibo, o un decoroso sostentamento, ma che possano avere prosperità nei suoi molteplici aspetti. Questo implica educazione, accesso all’assistenza sanitaria, e specialmente lavoro, perché nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita. Il giusto salario permette l’accesso adeguato agli altri beni che sono destinati all’uso comune".
Quindi, ha proseguito, "dobbiamo essere i primi nella scelta di proclamare il Vangelo ai poveri: 'Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo, e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli' (ibid., 48). In altre parole, abbiamo un dovere particolare di vicinanza e di protezione verso i poveri, gli emarginati e i piccoli, verso i bambini e le persone più vulnerabili, vittime di sfruttamento e di abusi".
A braccio il Papa ha poi aggiunto: "Sono vittime della cultura dello scarto che oggi è entrata nei programi della società. Scarto della vita nascente e della vita morente, di cui si affretta la dipartita".
Ai suoi confratelli vescovi, il Papa ha poi raccomandato tre vicinanze: "A Dio nella preghiera, ai sacerdoti che devono sapere di avere nel vescovo un padre e al popolo. Un pastore che perde la vicinanza del popolo diventa un funzionario di corte, magari corte papale, ma inutile". E infine ha raccomandato discernimento nelle vocazioni, per garantirne l'autenticità. Facendo un paragone con la crisi vocazionale dell'Europa, ha consigliato i vescovi di non prendere i "cacciati da altri seminari o dalla vita consacrata". E quanto ai laici ha ricordato che non bisogna clericalizzarli. "Che facciano i laici - ha detto - Non fateli diventare diaconi permanenti. E se ci sono i dicaconi permanenti, che siano particolarmente impegnati nel servizio della carità. Per favore che non siano preti o vescovi mancati, allontanateli dall'altare e mandateli in missione nella società".
ALLE MONACHE DI CLAUSURA: ATTENTI AI DIAVOLI EDUCATI
In precedenza dopo aver lanciato l'allarme deforestazione, parlando al corpo diplomatico, Francesco nel successivo appuntamento con le monache di clausura - nel monastero delle Carmelitane Scalze dove sono riunite 130 religiose contemplative provenienti da diversi monasteri del Paese (oltre a 70 novizie che sono all'esterno) - recita l'ora media. Al momento dell'omelia lascia da parte il discorso scritto e a braccio, in italiano (con traduzione successiva) racconta la vita di Santa Teresina di Lisieux, di cui è devotissimo. “Un'amica fede”, sottolinea. Ricorda come da giovane la santa dovette accudire una consorella anziana e malata che spesso, anche a motivo dei suoi dolori, la maltrattava.
Ma Teresina non desistette mai dall'assisterla e dall'obbedire al compito che le era stato affidato. “La via della perfezione – fa notare - si trova nei piccoli passi verso l'obbedienza. Piccoli passi che sembrano niente, ma che imprigionano Dio con le corde dell'amore, con piccoli fatti di carità”. “Vi incoraggio – aggiunge il Pontefice – a fare i piccoli passi, a credere che nella mia piccolezza Dio è felice e fa la salvezza del mondo”. Perciò più che pensare che la vita religiosa deve essere più perfetta, e che per renderla tale dovete diventare priore, ha aggiunto, bisogna avanzare su questa strada dei piccoli passi di amore e di obbedienza.
Il Papa mette in guardi anche dalle forme di mondanità: “Che non entrino in clausura. La mondanità non è una una suora di clausura”. E ricorda: “Per entrare in convento, avete dovuto vincere molte cose, anche il diavolo. E quando siete entrate il diavolo ne è andato rattristato, ma forse è andato a cercare un diavolo più furbo di lui, che poi si presenta con come un ladro facendo rumore, ma educatamente. Il tentatore non vuole essere scoperto, viene travestito da persona nobile educata, tante volte è anche un padre spirituale”, ha notato il Pontefice.
In questi casi, la raccomandazione di Francesco è: “Per favore sorella, quando senti qualcosa di strano parla subito con la priora, con il capitolo, con qualche sorella di comunità. Questa è l'aiuto che avete in comunità. Una aiuta l'altra. Ci difendiamo bene dalla mondanità spirituale con la doppia grata della preghiera e dell'obbedienza. Anche se la priora è antipatica, vai dalla priora. Lei per te è Gesù. E' vero bisogna riconoscere che non tutte le priore sono il premio nobel della simpatia, ma la priora deve essere considerata sempre come Gesù”. E questo è anche l'insegnamento di Santa Teresina, che ora, ha concluso il Papa riferensosi a se stesso, “accompagna un vecchio. Qualche volta questo vecchio la allontana perché sono nevrotico, non la ascolta a motivo dei dolori fisici, ma lei mi fa sempre bene. E' un'amica fedele”. “Ecco, vi ho detto che cosa è capace di fare una santa e qual è la strada per diventare santi.
Al termine della recita dell'ora media il Papa ha visitato alcune monache nella clausura e ha incontrato i membri sopravvissuti di una famiglia vittima dell’epidemia di morbillo che ha colpito duramente il Madagascar nei mesi scorsi.
Lottare con forza contro corruzione e deforestazione
Corruzione e deforestazione minacciano il futuro non solo del Madagascar, ma anche dell'Africa intera e in definitiva del mondo. Per questo nel suo primo discorso in terra malgascia, Francesco chiede alla comunità internazionale di lottare con tutte le forze contro questi due mali, fa accenno anche agli incendi delle foreste (pur senza esplicitamente nominare l'Amazzonia), chiede di preservare la biodiversità e avverte: “La globalizzazione economica, i cui limiti sono sempre più evidenti, non dovrebbe portare ad una omogeneizzazione culturale. Il rischio è che diventi una presunta “cultura universale” che disprezza, seppellisce e sopprime il patrimonio culturale di ogni popolo”.
Temi forti, dunque, nel discorso che il Pontefice rivolge in italiano al presidente Rajoelina, alle autorità locali e al corpo diplomatico, dopo essere stato accolto nella grande sale delle conferenze del palazzo presidenziale con una straordinaria esecuzione del “Va pensiero” di Giuseppe Verdi. Cita innanzitutto San Paolo VI, il Papa, per sottolineare che “lo sviluppo di una nazione «non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo». E poi con le parole della sua Laudato si' ricorda che non esistono “due crisi separate, una ambientale e una sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”.
Contro la corruzione
La prima sottolineatura di Francesco è l'incoraggiamento “a lottare con forza e determinazione contro tutte le forme endemiche di corruzione e di speculazione che accrescono la disparità sociale e ad affrontare le situazioni di grande precarietà e di esclusione che generano sempre condizioni di povertà disumana. Da qui – aggiunge - la necessità di introdurre tutte le mediazioni strutturali che possano assicurare una migliore distribuzione del reddito e una promozione integrale di tutti gli abitanti, in particolare dei più poveri”.
Per la cura della casa comune
Quindi l'affondo sulla salvaguardia del creato. “Abbiamo imparato – afferma Bergoglio - che non possiamo parlare di sviluppo integrale senza prestare attenzione alla nostra casa comune e prendercene cura. La vostra bella isola del Madagascar – fa quindi notare - è ricca di biodiversità vegetale e animale, e questa ricchezza è particolarmente minacciata dalla deforestazione eccessiva a vantaggio di pochi; il suo degrado compromette il futuro del Paese e della nostra casa comune. Come sapete, le foreste rimaste sono minacciate dagli incendi, dal bracconaggio, dal taglio incontrollato di legname prezioso. La biodiversità vegetale e animale è a rischio a causa del contrabbando e delle esportazioni illegali. È vero che, per le popolazioni interessate, molte di queste attività che danneggiano l’ambiente sono quelle che assicurano per il momento la loro sopravvivenza. È dunque importante creare occupazioni e attività generatrici di reddito che siano rispettose dell’ambiente e aiutino le persone ad uscire dalla povertà. In altri termini, non può esserci un vero approccio ecologico né una concreta azione di tutela dell’ambiente senza una giustizia sociale che garantisca il diritto alla destinazione comune dei beni della terra alle generazioni attuali, ma anche a quelle future”.
Attenti alla globalizzazione
Il discorso del Papa prosegue mettendo in guardia da una globalizzazione che diventi imperante e a senso unico. Occorre, invece “un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita originari e in cui le aspettative dei cittadini sono onorate”. Così “faremo in modo che l’aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l’unica garanzia dello sviluppo del Paese; sarà il popolo stesso che progressivamente si farà carico di sé, diventando l’artefice del proprio destino”. “Vi invito – conclude Francesco - a immaginare un percorso in cui nessuno sia messo da parte”.
In precedenza, al termine dell'incontro privato con il presidente del Madagascar, papa Francesco aveva scritto in francese nel libro degli ospiti: «Sono venuto come seminatore di pace e di speranza: possano i semi gettati in terra portare frutti abbondanti per il popolo malgascio». Uscendo poi dal padiglione dove ha tenuto il discorso il Papa e il presidente hanno piantato un alberello di baobab, gettando ciascuno alcune palate di terra nell'aiuola dove era stato sistemato.
Il programma
A seguire alle 18 (17 in Italia), la veglia con i giovani nel campo diocesano di Soamandrakizay, dove domani mattina celebrerà la messa.