Il coro accoglie papa Francesco all'arrivo alla Nunziatura Apostolica in Madagascar (pool Aigav)
Lasciata Maputo, in Mozambico, l'aereo con a bordo Papa Francesco e il suo seguito è atterrato ad Antananarivo, in Madagascar, per la seconda tappa del suo viaggio in Africa. È stato ricevuto con una cerimonia molto sobria, senza discorsi ufficiali, ma con un caloroso saluto da parte dei fedeli presenti, che hanno intonato canti al ritmo di danza.
In serata Francesco è arrivato alla Nunziatura Apostolica in Madagascar, dove è stato accolto da un coro di giovani malgasci, che ha intonato due inni locali in onore del pontefice. Al termine dei canti, Papa Francesco ha salutato individualmente i partecipanti prima di entrare in Nunziatura.
Il Papa: «Il Mozambico ha diritto alla pace»
Francesco lascia il Mozambico in lieve anticipo sui piani, dopo due giorni pieni di visite e incontri, per volare alla volta di Antananarivo, capitale del Madagascar e seconda tappa di questo suo 31esimo viaggio apostolico. La cerimonia di congedo somiglia più ad un “grazie” per aver ridato speranza e aver parlato di nuovo di pace, di riconciliazione e di unità in un Paese che nonostante gli sforzi, i negoziati, gli accordi, ha ancora nel cuore e negli occhi i relitti dolorosi della guerra civile e dell’inimicizia sociale.
Nell'omelia della Messa il Papa ha rivolto un appello al Mozambico. Metti da parte la legge del taglione e segui decisamente l'amore di Cristo. “Nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro – ha ammonito -, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio.Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali. Le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti.
L’“equità” della violenza è sempre una spirale senza uscita; e il suo costo, molto elevato. C’è un’altra strada possibile, perché è fondamentale non dimenticare che i nostri popoli hanno diritto alla pace. Voi avete diritto alla pace”. Una raccomandazione specie per i cristiani. Amare i propri nemici, sull'esempio di Gesù. “Con tale invito – ha spiegato Francesco - Egli, lungi dall’essere un ostinato masochista, vuole chiudere per sempre la pratica tanto comune – ieri come oggi –di essere cristiani e vivere secondo la legge del taglione. Non si può pensare il futuro, costruire una nazione, una società basata sull’“equità” della violenza.Non posso seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo è questo: “occhio per occhio, dente per dente”. E questo amore di Gesù, ha aggiunto il Papa, è anche “il miglior termometro per scoprire le ideologie di ogni genere che cercano di manipolare i poveri e le situazioni di ingiustizia al servizio di interessi politici o personali”.
Di qui anche l'appello a “superare i tempi di divisione e violenza”. Il che, ha spiegato il Pontefice, “implica non solo un atto di riconciliazione o la pace intesa come assenza di conflitto, ma l’impegno quotidiano di ognuno di noi ad avere un sguardo attento e attivo che ci porta a trattare gli altri con quella misericordia e bontà con cui vogliamo essere trattati; misericordia e bontà soprattutto verso coloro che, per la loro condizione, vengono facilmente respinti ed esclusi”.Nello stadio gremito non solo sugli spalti ma anche sul prato papa Bergoglio è stato accolto con grandi applausi e le tipiche grida di gioia dei fedeli, mentre una musica ritmata invitava tutti a ballare agitando in alto le mani. Il Pontefice ha fatto il giro della pista di atletica in papamobile salutando da vicino le persone presenti e provocando una sorta di ola calcistica al suo passaggio.Poi la celebrazione scandita da canti gioiosi e accompagnati anche dal rullo dei tamburi.
Al centro del prato di gioco una grande croce viene disegnata da danzatrici in vesti tradizionali e si estende per tutta la lunghezza e la larghezza del campo di gioco. Un colpo d'occhio davvero impressionante. Pioviggina e fa abbastanza freddo per queste latitudini, ma la gente (in gran parte allo scoperto) non se ne cura.Il Papa ha messo anche l'accento sul fenomeno della colonizzazione economica e della corruzione che colpisce questa terra, come altre zone dell'Africa.“Il Mozambico – ha detto - possiede un territorio pieno di ricchezze naturali e culturali, ma paradossalmente con un’enorme quantità di popolazione al di sotto del livello di povertà. E a volte sembra che coloro che si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, abbiano altri interessi. Ed è triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra, che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che questo sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni”.Infine l'auspicio conclusivo: “Vogliamo che la pace regni nei nostri cuori e nel palpito del nostro popolo. Vogliamo un futuro di pace. Vogliamo che «la pace di Cristo regni nei vostri cuori» (Col 3,15), come appunto diceva la Lettera di San Paolo. Egli usa un verbo che viene dal mondo dello sport e si riferisce all'arbitro che decide sulle cose discutibili: “possa la pace di Cristo essere l’arbitro nei vostri cuori”.
Se la pace di Cristo è l’arbitro nei nostri cuori, allora quando i sentimenti sono in conflitto e ci troviamo indecisi tra due sensi opposti, “facciamo il gioco” di Cristo: la decisione di Cristo ci manterrà nella via dell’amore, nel sentiero della misericordia, nella scelta per i più poveri, nella difesa della natura. Nella via della pace. Se Gesù sarà l’arbitro tra le emozioni contrastanti del nostro cuore, tra le complesse decisioni del nostro Paese, allora il Mozambico ha assicurato un futuro di speranza”.
Nel saluto conclusivo, infine, al termine della Messa, dopo aver ringraziato tutti gli organizzatori della visita, l'arcivescovo di Maputo, Francisco Chimoio e il presidente della Repubblica, Filipe Nyusi, il Papa aggiunge: «Conservate la speranza; non lasciatevela rubare! E non c’è modo migliore per conservare la speranza che quello di rimanere uniti, affinché tutti i motivi che la sostengono si rafforzino sempre più in un futuro di riconciliazione e di pace in Mozambico». E' l'eredità che lascia per questo viaggio riuscitissimo.
«Mozambico pace e cura sull'Aids si può»
L'ultima mattinata della tappa mozambicana del III viaggio in Africa di papa Francesco si è aperta con la visita al centro per i malati di Aids di Zimpeto, un quartiere povero alla periferia di Maputo. Accoglienza molto calorosa per il Pontefice da parte degli ammalati (molti dei quali in carrozzella) e del personale sanitario in camicie bianco, con la direttrice Cacilda Isabel Massango, che ha ricordato al Papa i successi nella lotta all'Hiv del progetto Dream lanciato e gestito da Sant'Egidio in 11 Paesi africani. Finora sono stati complessivamente 130mila i bambini nati sani da madri sieropositive e 500mila le persone curate. Qui a Zimpeto vengono seguiti 3800 malati. Ad accogliere il Papa c'era anche il fondatore di Sant'Egidio Andrea Riccardi.
Francesco, tenerissimo soprattutto con i bambini, è passato tra due ali di folla colorata che ha sfidato anche la fredda temperatura e a tratti la pioggia, e prendendo la parola, ha lodato gli sforzi compiuti nella struttura e in generale nel progetto, paragonandoli alla condotta del Buon Samaritano. “Tutti quelli che sono passati da qui – ha detto -, tutti coloro che arrivano presi dalla disperazione e dall’angoscia somigliano a quell'uomo abbandonato al bordo della strada. E voi, qui, non siete passati a distanza, non avete proseguito per la vostra strada come avevano fatto altri (il levita e il sacerdote). Questo Centro ci mostra che c'è stato chi si è fermato e ha sentito compassione, chi non ha ceduto alla tentazione di dire “non c’è niente da fare”, “è impossibile combattere questa piaga” e si è dato da fare con coraggio per cercare delle soluzioni”. E non solo. Il grido degli ammalati è arrivato alle orecchie dei volontari e oggi nel centro, ha ricordato ancora il Papa, vengono curati anche gli affetti da tubercolosi, denutrizione e cancro. Inoltre “ascoltare questo grido vi ha portato a capire che il trattamento medico, sebbene necessario, non era sufficiente; perciò avete considerato la problematica in tutta la sua integralità per ridare dignità alle donne e ai bambini, aiutandoli a progettare un futuro migliore”.
Il Pontefice ha anche ricordato l'aiuto che la rete della telemedicina ha portato a chi opera a Zimpeto. E non ha mancato di rimarcare che il centro è a basso impatto ambientale, in quanto autosufficiente per l'energia solare e dotato di un sistema di riserva di acqua. “Dobbiamo renderci conto che siamo, tutti, parte di uno stesso tronco”, ha aggiunto, facendo riferimento alle sofferenze che spesso vengono inflitte all'ambiente. “Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che “geme e soffre le doglie del parto”“. Infatti, come a confermare le parole del Papa, gli viene offerto un pastorale fatto con il legno della devastazione del ciclone Idai che ha colpito la città di Beira in primavera.
Infine da papa Bergoglio è giunto un incoraggiamento ad andare avanti. “Quando noi ce ne andremo, quando voi ritornerete ai compiti quotidiani, quando nessuno vi applaudirà né loderà, continuate ad accogliere quelli che vengono, andate a cercare i feriti e gli sconfitti nelle periferie... Non dimentichiamo che i loro nomi, scritti nel cielo, hanno accanto un’iscrizione: questi sono i benedetti del Padre mio. Rinnovate gli sforzi, perché qui si possa continuare a “dare alla luce” la speranza”. Questo il congedo del Pontefice, prima di recarsi alla stadio dove celebrerà la Messa davanti a oltre 60mila persone. Sarà l'ultimo atto della tappa mozambicana del suo viaggio.