Essere fari che illuminano il buono che c'è in questo mondo, in ogni storia e in ogni persona. Per aprire, nel buio, sentieri di fiducia e di speranza. È il messaggio che papa Francesco, per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, rivolge ai giornalisti, a chi si occupa di comunicazione professionalmente, ma anche a tutti noi quando, quotidianamente, comunichiamo a conoscenti e amici informazioni, immagini, giudizi. La mente umana, osserva Francesco, è come una macina da mulino che gira e gira, e non può essere fermata. Quello che cambia, e che noi possiamo cambiare, è il contenuto che viene macinato. Grano o zizzania? Quando condividiamo un post su Facebook, pensiamoci.
Il messaggio del Papa, dal titolo «Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo (TESTO INTEGRALE), è stato presentato oggi, nella ricorrenza di san Francesco di Sales patrono dei giornalisti e dei comunicatori, da monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione. Viene pubblicato in vista della 51esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si celebrerà, in molti Paesi, domenica 28 maggio, solennità dell'Ascensione.
Le nuove tecnologie e la diffusione istantanea e capillare
«L'accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è tale che moltissimi soggetti hanno la possibilità di condividere istantaneamente le notizie e diffonderle in modo capillare». Francesco non li cita esplicitamente, ma il riferimento è chiaro: il web e i social media (Facebook, Twitter, Snapchat, Instagram... per ricordare solo i più comuni) consentono a un numero sempre maggiore di persone di diventare comunicatori, spesso rilanciando contenuti precedentemente selezionati da altri. Questo fatto comporta una assunzione di responsabilità non solo, e anzitutto, da parte di chi quei contenuti li crea (i giornalisti, ma non solo loro) ma anche da parte di chi ne amplifica la diffusione e li "raccomanda", condividendoli, a una rete selezionata di amici. «Vorrei che questo messaggio potesse raggiungere e incoraggiare - scrive il Papa - tutti coloro che, sia nell'ambito professionale sia nelle relazioni personali, ogni giorno "macinano" tante informazioni per offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione».
Le regole per una comunicazione costruttiva
Nell'esortare «tutti» a una «comunicazione costruttiva», papa Francesco offre alcune indicazioni semplici quanto essenziali. Eccole elencate, nell'ordine in cui appaiono nel messaggio: rifiutare i pregiudizi verso l'altro; spezzare il circolo vizioso dell'angoscia; arginare la spirale della paura, «frutto dell'abitudine a fissare l'attenzione sulle "cattive notizie" (guerre, terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento nelle vicende umane)»; oltrepassare il senso di malumore e di rassegnazione «che spesso ci afferra, gettandoci nell'apatia»; non spettacolarizzare il dramma del dolore e il mistero del male; non concedere al male un ruolo da protagonista. «Vorrei invitare tutti a offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della "buona notizia"», afferma papa Francesco.
Indossare gli occhiali della Buona Notizia
Qual è la logica della buona notizia? Non è certo quella di un'ingenua, e in definitiva vana, negazione del dramma che esiste nella vita di ciascuno e nella storia. Non è fingere di vivere nelle favole. «La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli "occhiali" con cui scegliamo di guardarla» osserva Francesco. E suggerisce la marca di occhiali che ogni cristiano dovrebbe indossare: «Per noi cristiani, l'occhiale adeguato per decifrare la realtà non può che essere quello della buona notizia, a partire da la Buona Notizia per eccellenza: il Vangelo». Quel «Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio (Mc 1,1)» che, ricorda il Papa, non è certo una narrazione priva di sofferenza, ma è una Buona Notizia perché in esso «anche la sofferenza è vissuta in un quadro più ampio», parte integrante dell'amore di Cristo per il Padre e per l'umanità. «In Lui anche le tenebre e la morte diventano luogo di comunione con la Luce e la Vita». Se comunichiamo indossando gli occhiali della Buon Notizia, non concediamo al male l'ultima parola. «In questa luce ogni nuovo dramma che accade nella storia del mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che l'amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire». Si pensi a quante storie di solidarietà, individuale e collettiva, emergono anche dalle macerie delle peggiori tragedie.
Le parabole: immagini e metafore per farsi capire
Nel suo messaggio il Papa parla anche di "come" comunicare, e non solo di "cosa". E si rifà, anche qui, al Vangelo. Gesù comunicava ai discepoli e alle folle ricorrendo alle parabole. Una formula semplice, e sappiamo bene quando efficace, perché «lascia all'ascoltatore lo "spazio" di libertà per accoglierla e riferirla anche a sé stesso». Ricorrere a «immagini e metafore», osserva Francesco, è una «forma misericordiosa» che va incontro a chi ascolta. «Inoltre, è la via privilegiata per esprimere l'immensa dignità del mistero pasquale, lasciando che siano le immagini - più che i concetti - a comunicare la paradossale bellezza della vita nuova in Cristo, dove le ostilità e la croce non vanificano ma realizzano la salvezza di Dio».
Essere fari: aprire orizzonti di speranza
Siamo dunque chiamati a essere «comunicatori di un'umanità nuova, redenta». «La fiducia nel seme del Regno di Dio e nella logica della Pasqua non può che plasmare anche il nostro modo di comunicare». Tale fiducia ci rende capaci di operare «con la persuasione che è possibile scorgere e illuminare la buona notizia presente nella realtà di ogni storia e nel volto di ogni persona». Guidato dallo Spirito Santo, saremo capaci di «discernere in ogni avvenimento ciò che accade tra Dio e l'umanità». Il filo con cui si tesse «questa storia sacra», ricorda Francesco, «è la speranza». E proprio la speranza siamo chiamati ad alimentare, tutti noi quando comunichiamo ogni giorno, per professione, per scelta o per necessità. «Le persone che si lasciano condurre dalla Buona Notizia in mezzo al dramma della storia», conclude il Papa, «sono come dei fari nel buio di questo mondo, che illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di fiducia e speranza».