sabato 29 giugno 2024
Nella solennità dei due evangelizzatori di Roma, Francesco richiama l'immagine della porta, perché tutti entrino nel santuario vivente che è Cristo. All'Angelus: «L'autorità è servizio, non dittatura»
Il Papa durante la Messa per la solennità dei Santi Pietro e Paolo

Il Papa durante la Messa per la solennità dei Santi Pietro e Paolo - Reuters

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In occasione del Giubileo, Il Papa auspica una Chiesa e una società «dalle porte aperte». Lo ha detto nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, evangelizzatori della Città Eterna. Francesco ha celebrato la Messa nella Basilica di San Pietro, alla presenza di una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli e di 5.500 fedeli. Inoltre ha consegnato il pallio agli arcivescovi metropoliti consacrati nell'ultimo anno.

«Alla vigilia dell'anno giubilare - ha rimarcato -, soffermiamoci sull'immagine della porta. Il Giubileo, infatti, sarà un tempo di grazia nel quale apriremo la Porta Santa, perché tutti possano varcare la soglia di quel santuario vivente che è Gesù e, in Lui, vivere l'esperienza dell'amore di Dio che rinvigorisce la speranza e rinnova la gioia. E anche nella storia di Pietro e di Paolo ci sono delle porte che si aprono. Meditiamo su questo». Il Pontefice ha poi aggiunto: «I due Apostoli Pietro e Paolo hanno fatto questa esperienza di grazia. Hanno toccato con mano l'opera di Dio, che ha aperto le porte del loro carcere interiore e anche delle prigioni reali dove sono stati rinchiusi a causa del Vangelo. E, inoltre, ha aperto davanti a loro le porte dell'evangelizzazione, perché sperimentassero la gioia dell'incontro con i fratelli e le sorelle delle comunità nascenti e potessero portare a tutti la speranza del Vangelo». «Intanto ci prepariamo ad aprire la Porta Santa, quest'anno».

L'attenzione del Pontefice si è poi rivolta agli arcivescovi Metropoliti nominati nell’ultimo anno, che com'è tradizione in questo giorno ricevono il Pallio. «In comunione con Pietro e sull’esempio di Cristo, porta delle pecore - ha sottolineato il Papa -, sono chiamati ad essere pastori zelanti, che aprono le porte del Vangelo e che, con il loro ministero, contribuiscono a costruire una Chiesa e una società dalle porte aperte». Tra loro anche tra loro gli italiani Ciro Miniero (Taranto), Giorgio Ferretti (Foggia-Bovino), Biagio Colaianni (Campobasso-Boiano), Davide Carbonaro (Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo), Riccardo Lamba (Udine), Gherardo Gambelli (Firenze). Il pallio è una stola di lana bianca simbolo della giurisdizione in comunione con la Santa Sede.

Francesco ha quindi salutato «con fraterno affetto la delegazione del Patriarcato Ecumenico: grazie di essere venuti a manifestare il comune desiderio della piena comunione tra le nostre Chiese. Invio un saluto al mio caro fratello Bartolomeo». Infine l'augurio che «i Santi Pietro e Paolo ci aiutino ad aprire la porta della nostra vita al Signore Gesù, intercedano per noi, per la città di Roma e per il mondo intero».

Per la sua omelia Francesco ha preso spunto dalle letture del giorno. Soprattutto la liberazione di Pietro dal carcere. E commentando il fatto che lo stesso Apostolo all'inizio non credeva che questo stesse accadendo veramente ha aggiunto a braccio: «Quante volte le comunità non imparano questa saggezza di aprire le porte». In un altro passaggio dell'omelia, sempre a braccio, ha messo in guardia da una spiritualità «solo intimista, consolatoria come oggi ci presentano alcuni movimenti della Chiesa, una spiritualità da salotto, no, al contrario, l'incontro con il Signore accende nella vita lo zelo per l'evangelizzazione», ha concluso Francesco.

All'Angelus poi il Papa ha ammonito: «L'autorità è un servizio, un'autorità che non è servizio è una dittatura». «Nel Vangelo - ha spiegato - Gesù dice a Simone detto Pietro: "A te darò le chiavi del Regno dei cieli". Per questo spesso vediamo San Pietro raffigurato con due grandi chiavi in mano, come nella statua che si trova qui, in questa Piazza. Quelle chiavi rappresentano il ministero di autorità che Gesù gli ha affidato a servizio di tutta la Chiesa. Perché l'autorità è un servizio, un'autorità che non è servizio è una dittatura. Stiamo attenti, però, a intendere bene il senso di tutto questo», ha poi osservato. «Le chiavi di Pietro, infatti, sono le chiavi di un Regno, che Gesù non descrive come una cassaforte o una camera blindata, ma con altre immagini: un piccolo seme, una perla, preziosa, un tesoro nascosto, una manciata di lievito, cioè come qualcosa di prezioso e di ricco, sì, ma al tempo stesso di piccolo e di non appariscente».

Francesco ha quindi rivolto un pensiero agli abitanti di Roma: «In modo particolare saluto i romani, proprio tutti - ha affermato -, insieme con la mia preghiera per le famiglie, specialmente quelle che fanno più fatica, per gli anziani, quelli più soli, per i malati, i carcerati, e quanti per vari motivi sono in difficoltà. Auguro a ciascuno di fare esperienza di Pietro e di Paolo - ha proseguito il Pontefice -: cioè che l'amore di Gesù Cristo salva la vita e spinge a donarla, spinge a donarla con gioia con gratuità. La vita non si vende».

Infine Il Papa ha ringraziato Dio «per la liberazione dei due sacerdoti greco-cattolici. Possano tutti i prigionieri di questa guerra tornare presto a casa. Preghiamo insieme: tutti i prigionieri tornino a casa». Il riferimento è alla liberazione ieri, venerdì 28 giugno, dei due padri redentoristi ucraini che erano stati arrestati nel 2022 dai russi nei territori occupati.

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