Nella fragilità della situazione irachena, i cristiani hanno già molto sofferto, ma le loro sofferenze non sono ancora finite. Sabato scorso a Mosul la casa di un nostro fratello è esplosa per un attentato e un bambino di tre anni è morto. Tuttavia alcune famiglie sono rientrate dalle campagne dove si erano rifugiate a causa dei continui attacchi, altre aspettano la formazione del nuovo Parlamento con almeno cinque deputati cristiani, e soprattutto il nuovo governo. I cristiani e la maggioranza degli iracheni vogliono l’ex primo ministro Iyad Allawi, uno sciita laico, educato dei gesuiti a Baghdad e sostenuto da sunniti: si pensa che sia capace di imporre l’ordine, ricostruire l’Iraq e dare stabilità. Ma c’è chi teme che le ambizioni dell’uno e dell’altro blocco politico facciano svanire questa possibilità. In questa terra le sorprese sono quotidiane!Nella Settimana Santa più che mai imploriamo Dio perché abbia fine il calvario del nostro popolo: ci sono gruppi di preghiera dappertutto, la veglia pasquale notturna si svolgerà solennemente nella cattedrale di Kirkuk e non solo in questa chiesa madre. In altre città, come Mosul, per ragioni di sicurezza le Messe verranno invece celebrate soltanto durante la giornata. In vista della Pasqua, qui a Kirkuk le donne hanno colorato migliaia di uova per distribuirle alla fine della veglia pasquale che inizierà alle nove di sera. Saranno regalate anche ai musulmani amici. E durante la Quaresima i nostri 500 bambini del catechismo hanno risparmiato un po’ di soldi per donarli ai poveri. Uniti nella preghiera e nel bene si può continuare a coltivare la speranza.Durante la celebrazione pasquale verrà letto un messaggio del Consiglio dei leader delle comunità cristiana. In esso ci rivolgiamo a chi vive una situazione particolarmente difficile e specialmente ai carissimi fratelli di Mosul, invitando a vivere il tempo della Settimana Santa «per approfondire la nostra identità cristiana e la nostra fedeltà alla patria e per rafforzare la solidarietà e la fratellanza tra tutti gli iracheni».Invitiamo nuovamente i cristiani a rimanere nel Paese e a rafforzare la convivenza e la pace, continuando con rispetto e collaborazione ad avere relazioni con tutti. Più di una volta abbiamo chiesto al governo di affrontare la situazione radicalmente e rapidamente, ma le promesse ricevute sono ancora lontane dal farsi realtà. Attendiamo con ansia e speranza la formazione di un nuovo governo nazionale, un esecutivo che cerchi di costruire uno Stato unitario e di diritto e delle istituzioni estranee alla logica della spartizione su base etnico-religiosa. Uno Stato che includa ciascuno sulla base della parità e della piena cittadinanza e sia in grado di proteggere tutti.Tutto questo, per quanto ci riguarda, può avvenire nella memoria dei primi cristiani: essi hanno vissuto quello che viviamo noi oggi, ma non si sono arresi.Qui in Iraq sperimentiamo nella carne le parole dell’apostolo Paolo: viviamo «come moribondi, ma ecco siamo vivi; come castigati, eppure non siamo messi a morte; come addolorati, eppure siamo sempre lieti; come miserabili, ma facciamo ricchi molti; come gente che non ha nulla, eppure possediamo ogni cosa». La nostra speranza riposa in Cristo crocifisso, che ha offerto per la redenzione di tutti le Sue sofferenze. Siamo certi che le nostre sofferenze trovano significato nelle Sue. E preghiamo perché possano essere redente nella Pasqua.