venerdì 28 marzo 2014
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La rivista Science ha annunciato ieri sera che è stato costruito in laboratorio il primo cromosoma sintetico di un organismo complesso. Syn III – questo è il suo nome – sostituisce il terzo dei 16 cromosomi del lievito del pane. La novità più rilevante è che per la prima volta nel campo della vita artificiale si passa da un regno a un altro: dagli organismi più semplici, come i batteri, agli eucarioti, organismi nelle cui cellule il nucleo è ben isolato e protetto da una membrana. È possibile – anche se non ancora probabile – che gli scienziati riescano a raggiungere il loro scopo finale: la creazione di un organismo vivente da manipolare per la produzione di beni (medicine, biocombustibili...) e servizi (depurazione di siti inquinati, assorbimento della Co2...) a beneficio dell’uomo. Il fascino complessivo di questo progetto e gli scopi, all’apparenza filantropici, che lo muovono vanno ovviamente analizzati anche sotto altri aspetti che riguardano i profili scientifici, etici e di governo della ricerca. E qui si aprono capitoli ricchi di promesse ma anche di incognite. Sul versante scientifico si pone il quesito sull’utilizzo di questi organismi in campo aperto, ad esempio per ripulire sversamenti di petrolio o aree contaminate. In tali ipotesi il nuovo organismo potrebbe però anche venire a contatto con altri ceppi batterici, con i quali si ibriderebbe, al punto forse da diventare incontrollabile. Dal punto di vista filosofico ed etico si pongono invece due questioni. Il progetto di mettere la natura sotto il controllo dell’uomo costituisce un approccio estremamente antropocentrico, perché l’ambiente è visto solo in funzione del suo uso. I batteri sintetici, inoltre, possono essere usati sia come strumenti al servizio dell’uomo sia come mezzi di offesa (si pensi solo alle armi biologiche). Emerge infine anche una questione di governo della ricerca. Di fronte a simili interrogativi sarebbe pericoloso omettere una vera condivisione con la società civile dei temi aperti dal ricorso a forme di vita artificiale. La gente non va semplicemente informata ma anche coinvolta nel comprendere come proseguire la ricerca in un settore tanto delicato. E, se è il caso, decidere anche di fermarsi.
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