Raid aerei vicino a Baghdad contro lo Stato islamico. 'Stivali sul terreno' in Liberia contro Ebola. Due virus, per usare il linguaggio di Barack Obama, da estirpare con la forza. E la «forza » è quella americana. In una settimana il presidente che nel 2008 aveva promesso non soltanto di mettere fine alla guerra in Iraq, ma anche di «sradicare la mentalità che ci ha fatto coinvolgere in quel Paese» si è incaricato di sanare due febbri che hanno gettato intere regioni nello spasmo delle convulsioni. E non lo ha fatto in nome degli interessi di Washington, bensì del primato e dell’«eccezionalismo » degli Stati Uniti (un lessico che da sei anni non si sentiva alla Casa Bianca). Nel 2009 Obama non ha voluto immischiarsi nella rivoluzione iraniana, dissociandosi dalla teoria dell’esportazione della democrazia sottoscritta dal suo predecessore. Durante la crisi libica del 2011 ha invitato l’America a «guidare dalle retrovie». Nel 2013 ha accelerato il ritiro dall’Afghanistan, preoccupato di «ricostruire una nazione a casa nostra» piuttosto che dall’altra parte del globo. Ora lo stesso commander in chief scopre che «la leadership americana è l’unica costante in un mondo incerto», che «solo l’America ha la capacità e la volontà di mobilitare il resto del mondo» e che «le nostre infinite benedizioni comportano un perenne fardello». Forse, dopo sei anni alla guida della prima potenza militare mondiale, Obama ha concluso suo malgrado che gli Stati Uniti non possono permettersi di farsi da parte o di fare solo la loro parte? Che l’azione, anche unilaterale, è la vocazione storica di questa nazione? Oppure Obama ha capito che il richiamo al protagonismo funziona molto bene per vendere al pubblico Usa strategie scomode in regioni remote - una delle quali ha già reclamato migliaia di vite americane - molto meglio dell’appello a fumosi interessi geopolitici nazionali? In questo caso, i rischi insiti nell’unilateralismo sarebbero maggiori, perché lo scopo finale delle due missioni militari non sarebbe liberare il mondo da nemici comuni, ma contenere il danno nell’ottica della sicurezza nazionale americana.