giovedì 4 marzo 2010
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A Porta Sant’Anna, il via vai di turisti, diretti in piazza San Pietro, o, sul versante opposto, ai musei vaticani e alla Cappella Sistina, è incessante; e davanti all’ingresso, senza curarsi del semaforo pedonale, nessuno si fa mancare un’istantanea con la Guardia Svizzera a presidio dei varchi. Ordinarie scene di un piccolo mondo da cartolina illustrata. Ma a mettere un piede oltre la soglia del piccolo Stato, ci si accorge di qualcosa di diverso. La frenesia e il caos di Roma restano normalmente alla porta, e l’esile confine a ridosso di Borgo Pio è come la demarcazione tra due realtà con pochi punti in comune. C’è tuttavia un momento in cui questa diversità si accentua e diventa, oltre che visibile, perfino stridente. Avviene, una volta l’anno, nel tempo di quaresima e nella settimana degli esercizi spirituali, quando anche il piccolo Stato del Papa sembra tirare il fiato. Niente si ferma, ma tutto ha un altro ritmo, più compassato; soprattutto più consapevole del tempo che si vive, come se preghiera e meditazione – le attività forti di questo periodo – imponessero un loro diritto naturale e rivendicassero un’antica signoria sui luoghi. È in questa luce che la Chiesa di Sant’Anna diventa la vera porta d’ingresso della Città del Vaticano. Si passa il confine, ma non occorre nessun permesso per varcarne la soglia; è la Chiesa delle partorienti, e, in senso lato, è anche il segno dell’accoglienza che il Vaticano espone alla più importante e frequentata delle sue porte di accesso. Mai come nella settimana scorsa la Chiesa di Sant’Anna è stata anche il presidio più naturale di tutto lo Stato. Dentro le mura, l’attività più incessante è stata la preghiera, e i riverberi di questa operosità dell’anima non sono rimasti nascosti o appartati, ma hanno finito per trasfigurare il corso ordinario delle cose nell’unico luogo al mondo dove, nello spazio di un fazzoletto di terra, intorno al Palazzo apostolico e agli splendori delle opere d’arte, stanno insieme l’abbozzo di un’area industriale e un monastero di clausura. Osservare la vita del Vaticano al tempo di Quaresima e nei giorni degli esercizi spirituali, è come assistere, dal vivo – sfogliando le pagine di un ipotetico calendario – a un cambio di stagione spirituale. Man mano che dall’ingresso di Porta Sant’Anna ci si addentra nel cuore dello Stato, la sensazione – anche nei giorni normali – è quella di allontanarsi via via dalla scia di voci e rumori che si addensano a un ingresso che è anche confine; e dove Roma, con il suo esercito di turisti, sembra spingere costantemente alle porte. Ma anche il territorio vaticano non è solo luogo di contemplazione e può capitare che i gendarmi facciano fatica a regolare il traffico di auto, e gli automobilisti a trovare parcheggio, come se si fosse in una qualsiasi strada di Roma. Anche le file – ai musei, come alla farmacia, o agli sportelli di qualche ufficio – fanno parte, a pieno titolo, del normale paesaggio vaticano, attraversato, in qualche circostanza, anche da mastodontici Tir per il trasporto merci (e ti chiedi dove mai abbiano trovato il varco e lo spazio giusto). Ma in questa settimana, senza esporre nessun cartello di divieto, anche queste forme di vita ordinaria si sono come ritratte, facendo un passo indietro e rendendo visibile, anche tra le mura di pietra, come può essere vera l’esortazione del predicatore, per il quale «senza il primato dell’ascolto», il pericolo è il «non senso e la degenerazione dell’agire».È stata una splendida Cappella di arte moderna, la «Redemptoris Mater», proprio nel cuore del Palazzo Apostolico, a trasformarsi, in questi giorni, nell’asse portante di tutta la vita vaticana: non solo della Curia, anche del piccolo Stato. Guardie svizzere e gendarmi,a loro volta, riducendo al minimo i servizi, hanno lasciato i loro presìdi abituali e guidati dai rispettivi cappellani (monsignor Alain de Raemy e monsignorGiulio Viviani) hanno vissuto la loro settimana di ritiro spirituale. In rapporto a Roma, quanto alle dimensioni, il Vaticano è poco più di appartamento discretamente spazioso: una casa, nella quale chi è abituato a frequentarla riesce a cogliere anche le variazioni più piccole. Nella settimana degli «esercizi» in questa casa si è più che mai acceso, a fuoco vivo, il focolare della preghiera. Il presidio più sicuro tra tutti.
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