martedì 2 giugno 2009
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«Speriamo che il diavolo non ci metta la coda», ha detto il cardinale Dziwisz parlando del processo di beatificazione di Giovanni Paolo II nell’intervista pubblicata da Avvenire domenica scorsa. Per coincidenza (diabolica?), proprio lo stesso giorno, scoppiava un mini-polverone mediatico sullo scambio epistolare intercorso tra Karol Wojtyla e Wanda Poltawska, una signora che oggi ha 88 anni e che è diventata famosa per essere guarita da un tumore dopo che nel 1962 l’allora vescovo di Cracovia si rivolse a Padre Pio chiedendone la grazia. Una parte di questa fitta corrispondenza personale è già stata pubblicata a febbraio in Polonia. I giornali locali ne hanno parlato ma senza particolare enfasi, ancor meno con toni scandalistici. Con quattro mesi di ritardo lo vengono sapere anche a La Stampa il cui scoop è solo nel titolo: «Ecco le lettere che frenano la beatificazione» di Papa Wojtyla. Ma se uno le legge non ci trova nulla, non diciamo di particolarmente scabroso o malizioso, ma neppure qualcosa che potrebbe far pensare ad un eccesso di confidenza. Karol Wojtyla aveva conosciuto Wanda Poltawska negli anni Cinquanta e da allora aveva stretto amicizia con lei e il marito. La Poltawska, medico in psichiatria infantile, un’esperienza di dura prigionia in un campo di concentramento nazista, si era poi impegnata nell’ambito dell’assistenza alla vita fondando le prime case per ragazze madri nella diocesi di Cracovia. Faceva parte di quel largo circolo di amici che si costituì attorno a 'zio Lolek', come veniva affettuosamente chiamato il giovane Wojtyla. Fra loro c’era una grande affinità spirituale, a tal punto che nelle sue lettere a Wanda il futuro papa le si rivolgeva siglandosi 'Br', Brat, cioè fratello. Poco prima del 2005, Wanda Poltawska aveva chiesto a Giovanni Paolo II se avesse dovuto distruggere tutta quella corrispondenza epistolare ma il Papa le rispose di no, «sarebbe un peccato». A conferma, se ce ne fosse bisogno, del tenore delle lettere e soprattutto dello spirito che le attraversava. Sarebbero queste lettere «materiale sensibile» per il processo di canonizzazione di Wojtyla? Una simile idea, per dirla con un altro grande amico del Papa polacco, padre Adam Boniecki, è solo il frutto di un’immaginazione malata. Si può discutere sull’opportunità di mettere in piazza quelle lettere, come ha fatto notare il cardinale Dziwisz che avrebbe preferito più discrezione da parte della signora Poltawska che certo, non è stata l’unica ad avere una lunga familiarità con Karol Wojtyla. Ma che un simile epistolario possa costituire la pietra dello scandalo in grado di fermare, o comunque rallentare, la causa di beatificazione è pura fanta­politica, con l’aggravante dell’insinuazione tanto più maliziosa quanto più infondata. Diciamolo con chiarezza: sul processo canonico riguardante Giovanni Paolo II si sta creando un clima d’attesa spasmodica come se il grido 'Santo subito!' fosse non un’invocazione popolare ma una richiesta imperiosa da eseguire il più in fretta possibile. E siccome non avviene, così ecco allora le presunte rivelazioni su ritardi e intoppi. In realtà, la corrispondenza epistolare tra Karol Wojtyla e la dottoressa Poltawska «è già stata analizzata e inserita nella documentazione del processo di beatificazione», assicura padre Hieronim Fokcinski della Congregazione per la causa dei santi. Lo ha dichiarato ad un’agenzia polacca di notizie. Chissà, forse tra quattro mesi verrà a saperlo anche il giovane vaticanista della redazione torinese. Speriamo almeno che ci risparmino il finto scoop...
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