Nell’auditorium della Filarmonica Baltica di Danzica è risuonato in questi giorni un concerto del tutto originale. Una 'prima' in senso assoluto, che ha visto le diverse voci eseguire uno spartito comune, caratterizzato da una nota dominante: la preoccupazione che la nuova Europa possa finalmente disincagliarsi dalla secche dell’euroscetticismo e prendere il largo sulla spinta del vento favorevole della solidarietà, che include anche il rispetto della vita in tutte le sue fasi e la promozione della famiglia fondata sul matrimonio. In questo senso le Giornate sociali cattoliche per l’Europa, iniziativa senza precedenti nel continente, costituiscono il terzo tempo di una sinfonia che si è dispiegata per singolare coincidenza nell’arco delle ultime tre settimane. Prima il viaggio del Papa nella Repubblica Ceca, quindi la riunione dei presidenti delle Conferenze episcopali nazionali, a Parigi, e infine, in questi giorni sulle rive del mar Baltico quello che può essere considerato il prototipo delle Settimane sociali europee. Ma ciò che più colpisce, di questa trilogia di eventi cattolici dal respiro continentale, è non tanto la loro concentrazione temporale, quanto il fatto che abbiano progressivamente ed effettivamente coinvolto tutte le componenti del Popolo di Dio. Il Papa, quasi come un direttore d’orchestra, gli episcopati, e da ultimo i laici – autentici protagonisti delle Giornate di Danzica – hanno interpretato ciascuno con il proprio stile, ma con uguale convinzione, la partitura comune, che in definitiva può essere individuata nei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Solidarietà e sussidiarietà, dignità inalienabile della persona umana e rapporto inscindibile tra verità, valori non negoziabili e libertà. Il tutto con un stile pacato e dialogante, una mano tesa sia verso le Istituzioni comunitarie e nazionali, sia verso i settori più aperti del pensiero laico. Se come dicevano i giallisti di una volta, tre indizi fanno una prova, questi tre eventi sembrano introdurre, nonostante la stagione autunnale alle porte, una potente nota di 'primavera' del processo di unificazione del Vecchio Continente. Un processo in cui, senza trionfalismi, ma con grande determinazione, i cattolici vogliono essere protagonisti. Non tanto per imporre agli altri il proprio credo, ma piuttosto per contribuire alla costruzione della casa comune, portandovi i mattoni pregiati senza i quali essa crollerebbe come un palazzo di sabbia. Se Benedetto XVI a Praga ha chiesto «memoria e slancio» per una rinnovata presenza nella società; se i presidenti delle Conferenze episcopali a Parigi hanno riaffermato il principio secondo cui «laicità delle Istituzioni non significa ignorare il ruolo pubblico della religione», a Danzica i laici cattolici hanno preso definitivamente coscienza che non serve a niente lamentarsi di come il Parlamento europeo tratta i temi sensibili, se poi si latita nei luoghi in cui si prendono le decisioni, o non si riesce a dare ragione delle proprie convinzioni, creando consenso intorno ad esse. L’esempio tipico è proprio quello della famiglia. Come si potrà parlare in futuro di solidarietà (un valore oggi largamente condiviso anche in ambito laico), se questa solidarietà non si apprende con il latte materno e in quella basilare esperienza comunitaria che è la vita in famiglia? Come si potrà viverla se si incentiva lo sfarinamento del tessuto familiare e se tutte le fasi della vita rischiano di essere dominate dalla più radicale logica individualistica? Ecco, la sinfonia europea in tre tempi della Chiesa cattolica, compone in armonia una convinta e convincente messa in guardia contro le note stonate del relativismo e del nichilismo. E spinge a cominciare a suonare tutta un’altra musica.