Con un apposito emendamento Pd, Per l’Italia, Scelta Civica, Ncd, Sel e Lega propongono in queste ore una profonda revisione alla vecchia struttura. L’emendamento Bobba fa alcuni passi in avanti importanti anche se permangono differenze rispetto alla proposta degli 11 Paesi Ue e a quella della campagna '005'. Si punta ad applicare un’aliquota molto più bassa (1 per diecimila invece che 1 per mille su azioni e 1 per centomila sui derivati escludendo quelli di copertura), ma allargando di molto il perimetro delle transazioni tassate (spariscono tra l’altro le esenzioni per i fondi pensione). Permane l’esclusione degli scambi di titoli di Stato e si applica un’aliquota più punitiva sulle transazioni su derivati effettuate fuori dai mercati regolamentati (1 per diecimila invece di 1 per centomila).
La tassa sulle transazioni finanziarie si propone potenzialmente due obiettivi in parte confliggenti tra di loro: raccogliere un gettito importante e scoraggiare alcuni tipi di transazioni, come quelle sui derivati 'non regolamentati', tenuto anche conto del loro maggiore apporto a rischi sistemici e di controparte che sono stati all’origine della crisi finanziaria mondiale. Come era ovvio aspettarsi stiamo assistendo alla levata di scudi delle lobby che sono arrivate a paventare il rischio di perdite di migliaia di addetti del settore di derivati (che non esiste). Quello che è certo è quanto Il Sole 24 ore ha riportato qualche settimana fa presentando un’indagine Mediobanca che attesta come oltre il 90% dei derivati sia utilizzato dalle grandi banche per moventi puramente speculativi, che una delle più importanti banche italiane ha depauperato la ricchezza accumulata nei secoli da un’intera provincia (Siena) per operazioni spericolate sui derivati e che al momento della crisi finanziaria del 2007 solo l’alchimia ragionieristica di contabilizzare al costo storico di acquisto invece che a valore effettivo di mercato (divenuto praticamente nullo) i derivati in patrimonio delle maggiori banche le salvò dal fallimento. La verità dunque è che l’emendamento Bobba vuole salvare famiglie e imprese serie dalla pericolosa illusione di qualche centinaio di presunti esperti che crede di poter battere il mercato scommettendo su questi strumenti. E che un Paese serio come gli Stati Uniti, che sbaglia ma sa correggere i propri errori, ha fatto trionfare il principio liberale per il quale l’interesse della maggioranza prevale su quello delle lobby. E questo approvando, la scorsa settimana, una legge molto severa di separazione tra banca commerciale e banca d’affari dove alle grandi banche è vietato il trading in proprio sui derivati e c’è l’onere della prova di dimostrare che il presunto uso dei derivati come forma di copertura ha effettivamente ridotto qualche tipo di rischio per l’organizzazione.
Dopo la crisi, gli Stati Uniti hanno chiuso il cerchio: con una politica monetaria espansiva e con la riforma della finanza. Mentre il presidente della Bce Mario Draghi ha dovuto ammonire che non aprirà nuove linee di liquidità alle banche se i soldi non arriveranno a cittadini e imprese (fermandosi, magari, nei rivoli di qualche scommessa sui derivati). Rischiamo di diventare sempre più il Paese della superstizione, dei maghi e delle fattucchiere. I corni piccoli e grandi a cui ci affidiamo contando sulla sorte e non sulle nostre intelligenze rischiano non solo di far perdere lo status di patrimonio dell’umanità alle nostre ricchezze del passato, ma anche di farci perdere il treno della ripresa verso un benessere economico socialmente sostenibile. Una Tobin Tax ben congegnata è, invece, uno dei passi nella direzione giusta.