Democrazia non è parteggiare, è partecipare: è una delle sintesi più belle della Settimana Sociale di Trieste. Ma come possiamo mettere il principio e l’entusiasmo del momento al servizio della soluzione di problemi che ci affliggono? Proponiamo un esempio.
Il tempo lentamente scorre, la tragedia di Satnam Singh del 19 giugno comincia ad allontanarsi. Un limite della nostra civiltà, anche tra i più sensibili, è il non saper andar oltre lo sdegno per le tragedie sul lavoro e l’esortazione al comportamento virtuoso. Uno sdegno che ciclicamente monta, alimentato dall’emozione di una tragedia, e poi progressivamente si smorza e si spegne. Se vogliamo onorare la memoria di Satnam Singh e di tutti i suoi compagni invisibili dobbiamo lavorare più in profondità per cercare risposte, personali e politiche, accorgendoci che molte già sono a disposizione e altre sono a portata di realizzazione.
Un’analisi attenta delle condizioni di sistema dovrebbe farci capire che viviamo in un mondo di competizione globale, dove tanti strumenti del passato sono spuntati o non funzionano più. Pensare per esempio che lo sciopero sia lo strumento efficace per aumentare il potere contrattuale dei lavoratori in un’epoca dove fondi d’investimento senza nome possono spostare la sede delle aziende da un Paese all’altro in poco tempo (cercando i luoghi dove i costi ambientali e del lavoro sono i minori) è un’illusione. Tutte le risposte da mettere in campo per combattere lo sfruttamento del lavoro devono essere a prova di delocalizzazione e dimostrare di essere efficaci nell’era della globalizzazione.
Un primo punto è andare oltre il qualunquismo, che è l’alibi della nostra pigrizia, e capire che le aziende non sono tutte uguali. L’esperienza di decenni di buone pratiche e di economia solidale indica la crescita di tante filiere “caporalato free” che non chiedono altro da noi che di votare col portafoglio scegliendo di mettere in tavola i loro prodotti liberi da sfruttamento. Perché non lo facciamo, perché non “partecipiamo”? Dopo ogni tragedia di caporalato o di sfruttamento del lavoro arriva immancabilmente l’esortazione all’aumento delle ispezioni, ma forse non ci rendiamo conto che se tutti noi (o una maggioranza importante) scegliamo i prodotti caporalato free il caporalato è sconfitto. L’obiezione di un tempo su dove andare a trovare i prodotti ormai non vale più. Basta usare il nostro ditino sul cellulare per avere accesso e ordinare una vasta gamma di prodotti che certificano la dignità del lavoro.
L’Unione Europea ha messo in campo una proposta importante che dovrebbe essere implementata a partire dal 2026, proposta che chiediamo ai nostri rappresentanti eletti di sostenere e portare avanti. Si tratta del “Passaporto digitale del prodotto”, ovvero le informazioni sull’origine, le caratteristiche della filiera, l’efficienza ambientale e la dignità del lavoro, raccolte e accessibili attraverso il QrCode del prodotto stesso: era fantascienza qualche anno fa, e oggi è possibile e alla portata, visti i progressi nelle tecnologie e nell’uso del digitale che hanno trasformato il QrCode da qualcosa di ostico e oscuro a uno strumento di vita quotidiana, a partire da quando al ristorante consultiamo il menù.
Il vantaggio del Passaporto digitale del prodotto è che ha poche controindicazioni. Nessuno può criticare il fatto che i consumatori abbiano più e non meno informazione (certificata, da fonte istituzionale e attendibile) quando devono acquistare un prodotto. Tutto questo ci avvicina alle semplificazioni che insegniamo in economia quando affermiamo che il consumatore, perfettamente informato, sceglie quale prodotto acquistare. Assieme a questo strumento, sempre in sede europea, dobbiamo insistere perché il voto col portafoglio pubblico (gli appalti) segua sempre di più alti standard sociali e ambientali e i bonus dei manager nelle grandi aziende a capo delle filiere richiedano, per essere distribuiti, il superamento dei medesimi standard (niente bonus se aumentano gli incidenti sul lavoro). Infine i meccanismi di aggiustamento alla frontiera (border adjustment mechanism) che l’Ue sta iniziando a sperimentare sul fronte ambientale devono essere presto utilizzati anche su quello della dignità del lavoro per far sì che il commercio internazionale sia una gara equa e non il luogo dove vince il peggiore. Infine, le nostre manifestazioni sensibili al tema (a partire dal Primo Maggio) possono diventare grandi momenti di consapevolezza del nostro potere se accompagnate ad azioni di premio per le filiere responsabili.
La Settimana Sociale di Trieste è stata un momento straordinario di incontro e condivisione di reti e cittadinanza attiva. È bello quando tutto questo è accompagnato da un’iniziativa concreta che testimonia come quella sorgente d’ispirazione può produrre progressi nel bene comune, come accadde nell’edizione di Taranto 2021 quando ci impegnammo per la nascita e la diffusione delle comunità energetiche. Anche a partire da Trieste possiamo sognare e pretendere un Paese diverso, con più gusto per l’innovazione sociale e la costruzione di soluzioni che per la sola manifestazione di princìpi. Cominciamo dal problema del caporalato e dei prodotti che portiamo a tavola, e aiutiamo i cittadini a farlo con il Passaporto digitale del prodotto.
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