Un colpo alla credibilità dell’Onu, si è detto dopo lo spettacolo offerto dalla Conferenza contro razzismo e xenofobia apertasi ieri a Ginevra. Meglio sarebbe dire: una conferma. Se infatti il consesso denominato "Durban 2" ( in riferimento al primo summit del 2001, in cui Israele finì sul banco degli imputati) avesse avuto adeguata preparazione e ferma volontà di tenere fede ai suoi alti e condivisibili obiettivi il presidente iraniano non avrebbe osato sfidare la generale condanna delle sue tesi aberranti sull’Olocausto e lo Stato ebraico. Lo sfilacciato fronte occidentale si è invece presentato all’appuntamento già in posizione di debolezza. Stati Uniti a parte, minoritario e insufficiente era il partito del boicottaggio preventivo, con la Ue spaccata, unanime solo nel lasciare l’aula e stigmatizzare l’oltraggio di un discorso razzista alle massime assise contro il razzismo. Altrettanto spuntate le armi di quei Paesi che a Ginevra hanno voluto presenziare, ma in ordine sparso e senza una strategia per sostenere con decisione quei valori che dovrebbero ispirare le risoluzioni della Conferenza. Colpiscono poi gli applausi che alcuni, non pochi, delegati hanno riservato al presidente iraniano mentre attaccava il governo di Tel Aviv e lo apostrofava, pur non citandolo, come « razzista » ( al di là del fatto che, nelle sedi opportune, una critica civile alle singole politiche di Israele sia lecita). Sono questi battimani il segno delle frequenti debolezze di un’Onu spesso paralizzata da bilanciamenti reciproci tra schieramenti e autentici veti. D’altra parte, il testo di partenza pare avere raggiunto un compromesso accettabile e una base di partenza che poteva mettere d’accordo anche coloro che lamentano gli inevitabili riferimenti alla prima, contestata Conferenza. E sappiamo quanto vi sia da lavorare per estirpare il cancro delle discriminazioni, che oggi hanno il nome, come doverosamente si legge nel documento preparatorio, di cristianofobia, islamofobia e antisemitismo. Date le premesse, pare difficile che ' Durban 2' sia un successo. Sarebbe però un errore gettare completamente l’occasione di mettere nell’agenda del mondo uno sforzo fattivo e non retorico per contrastare su scala globale i fenomeni di emarginazione legati a nuove e vecchie povertà. Non a caso domenica il Papa aveva parlato di un’opportunità importante da sfruttare. A questo scopo certo restano da migliorare i meccanismi delle Nazioni Unite, che non hanno dato prova in questa occasione di essere funzionali alla scopo che ci si era prefissi. E che non poteva essere il censurabile show di Ahmadinejad. Una parola, infine, sulla scelta della Santa Sede, che da tempo aveva optato per la partecipazione al summit. Impegnato a dare il proprio contributo ai grandi problemi umani nella chiave dell’etica cristiana, il Vaticano considera la lotta a tutte le discriminazioni una sfida prioritaria e non si schiera nelle diatribe più strettamente politiche. Né gli sono congeniali boicottaggi preventivi, sebbene non abbia timore ad assumere posizioni intransigenti e impopolari quando sono in discussione valori fondanti. E che nessun pregiudizio antiisraeliano alligni nella diplomazia papale sarà ulteriormente chiarito nell’ormai imminente viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa.