Gentile direttore,
tra le dichiarazioni pubbliche sul ddl Zan mi hanno colpito, per stringente logica e apertura all’esperienza umana elementare, alcune di persone lontane (apparentemente) dalla cultura cattolica, con le quali ho avuto trascorsi di dissenso su altre questioni. Piergiorgio Odifreddi, laicissimo studioso e tenace difensore dell’ateismo, sulla cosiddetta 'ideologia gender' riconosce che «la legge decreterebbe di una profonda cesura tra la percezione psicologica di un individuo e la sua realtà fisiologica: la prima deve essere naturalmente tutelata e difesa, perché ciascuno ha diritto di avere le opinioni e i sentimenti che desidera, ma la seconda non può semplicemente essere negata o rimossa, perché anche i fatti hanno i loro diritti». Sulla differenza tra i sentimenti e desideri affettivi e la realtà della identità-differenza sessuale, cita un esempio che volentieri offrirei io stesso ai miei allievi: «Nessuno si sogna di negare a un ottantenne il diritto di sentirsi un ventenne, o viceversa, ma questo non significa che allora dobbiamo tutti dire, o addirittura insegnare nelle scuole, che non esistono l’età biologica o il tempo, e che non possiamo misurarli». Il presidente del Partito comunista italiano, Marco Rizzo, anch’egli non certo a favore di uno Stato confessionale, dice che «è una legge costrittiva, e io rivendico il mio diritto di esprimere una opinione contraria supportata da fatti». All’opposto, uomini vicini al cattolicesimo per storia e per impegno civile e politico, sembrano non rispondere, agli appelli che vengono lanciati per modifiche realiste e ragionevoli. Senza dare giudizi che competono a un Altro vorrei invitare a coltivare una ragione politica sempre aperta e ad accogliere e valorizzare ogni accento di verità. Lo Spirito Santo suscita semi di verità ovunque e, con la libertà divina, anche in coloro che non lo (ri)conoscono.
don Roberto Colombo, Università Cattolica
Gentile direttore,
ho cercato di seguire in questi mesi il dibattito sul ddl Zan su varie testate giornalistiche. Senza dubbio gli interventi ospitati su 'Avvenire' hanno il pregio di proporre una visione più sfaccettata della questione, più problematica, e questo è decisamente un pregio. Tuttavia ho l’impressione che manchi qualcosa di essenziale per un cristiano: la carità. Anche negli articoli di cronaca e di opinione degli ultimi giorni, successivi alla nota del Vaticano, ho trovato molte idee, ma appunto idee; un dibattito acceso, il desiderio (del tutto legittimo e ragionevole) di mostrare le criticità del disegno di legge e le sue ambiguità, con tutti i potenziali rischi che esse comportano, ma non volti, persone, storie. E quando parlo di volti, persone, storie, intendo riferirmi a tutti quei fratelli e quelle sorelle che, per il modo in cui vivono la propria sessualità, sono vittime di pregiudizi, scherno, offese, se non violenze psicologiche e fisiche. Non c’è bisogno di affannarsi a cercare esempi di questo, purtroppo la realtà ne abbonda. E, dispiace dirlo, atteggiamenti discriminatori o di dileggio e fastidio non sono poi così rari in casa cattolica. Allora, direttore, la prego, portiamo avanti due impegni: quello a migliorare una legge che ha ampi margini di ambiguità, ma anche quello di sollecitare un pronto, efficace intervento del legislatore in difesa di tutti e tutte coloro che soffrono ingiustamente. Perché certo soffrire per il proprio orientamento sessuale è ingiustizia di cui dovremo rendere conto, a Dio e alle generazioni future.
Giovanna Giuliodori, Ancona
Caro direttore,
mi perdoni se entro nella questione Santa Sede-ddl Zan: so bene di non avere nulla da aggiungere a quanto 'Avvenire' ha già illustrato, e non da ieri. Ma c’è un aspetto che vorrei evidenziare. Mi riferisco ad accenti, che non saprei definire se non sovranisti ('Non accettiamo ingerenze straniere!') che abbiamo visto provenire da esponenti di certe forze, che della lotta al sovranismo fanno una delle loro principali bandiere. E poco importa se la 'ingerenza' non è che un richiamo, a quanto risulta istituzionalmente garbato, al rispetto di un Trattato liberamente sottoscritto dal nostro Paese; trattato che peraltro il nostro Paese – tutto, non solo una parte – ritiene di fondamentale importanza, se è vero che ne fa esplicita menzione nella Costituzione della Repubblica, all’art. 7. Se l’uso, così grossolanamente improprio, del concetto di 'ingerenza' provenisse solo da celebrità dello spettacolo, che non sono tenute a studiare Diritto, sarebbe meno triste; ma abbiamo purtroppo letto o sentito esponenti politici e illustri giuristi, che certo devono possedere migliori criteri di giudizio. Un’ultima annotazione: riguardo a certo entusiasmo a corrente alternata verso la Chiesa. Si manifesta solo quando le sue affermazioni coincidono con le nostre, già sappiamo. Al prossimo intervento a favore di migranti e profughi, il «luminoso faro spirituale» ridiventerà il «Papa comunista», e chi oggi lo critica lo applaudirà; e viceversa. E così via… Grazie, direttore, per il vostro prezioso lavoro.
Luca Fabri, Genzano di Roma
Caro direttore,
non sono affetto da alcuna forma di omotransfobia, ero favorevole ai Di.Co. di Rosy Bindi, ho condiviso l’iniziativa che ha portato alla legge sulle Unioni civili, ma continuo a pensare – senza demonizzazioni di sorta – che il matrimonio riguardi, a prescindere da ragioni, diciamo… etimologiche, la coppia uomo-donna, sono nettamente contrario all’«utero in affitto», e sono piuttosto perplesso (solo perché ormai... anzianotto?) a proposito delle adozioni per le coppie o le persone singole omosessuali. Eppure detesto i tentativi di certa destra politica nostrana di imitare talune... 'orbanate'. Ciò detto, mi ritrovo a domandarmi (un po’ retoricamente?): se esprimessi le mie convinzioni sopra elencate in pubblico, rischierei qualcosa, una volta che il ddl Zan venisse approvato nella versione che conosciamo?
Vincenzo Ortolina, Milano
Propongo oggi in questo spazio di dialogo un bel florilegio di opinioni sul ddl Zan e sul suo esame al Senato. Il punto non è semplicemente la nuova aggravante per omotransfobia prevista (assieme ad altro, come abbiamo spiegato più volte) da quel testo già votato alla Camera, ma l’insieme delle norme proposte, la loro portata effettiva e la loro efficacia. Penso che sia utile leggere queste opinioni per capire a che punto sono dibattito, consapevolezza dei nodi reali e incomprensioni nel Paese reale. Anch’io ho scritto e detto tanto in proposito. E sono lieto del fatto che sulle pagine di 'Avvenire' abbiano potuto dire la loro, con intonazioni differenti, tante voci di persone di diversa visione. Abbiamo lavorato per smontare, torno a dire anche questo con soddisfazione, la caricatura di uno scontro tra 'noi' (i cattolici e i reazionari) e 'loro' (i laici e i progressisti). Ci interessa, da cittadini, che ci sia una buona legge contro l’omotransfobia, non una cattiva legge scritta male, ma mascherata con slogan a effetto... Troppe idee e poche storie di fatti con protagoniste persone omosessuali o transessuali offese, dice la signora Giuliodori. Non è esatto. Anche perché le cronache in questo anno di dibattito sul tema hanno fornito occasioni per raccontarne, di storie, e per rendere chiaro, a chi vuol capire, che la realtà è sempre più complessa e dolorosa di ogni semplificazione e previsione di legge. Per questo non bisognerebbe pensare a educare le persone a colpi di sanzioni penali e non si dovrebbe giocare con leggero pressappochismo con i limiti a libertà fondamentali di tutti, come quella di pensiero e di parola (che non contempla mai l’insulto, la violenza anche solo verbale e la discriminazione e la denigrazione dell’altro). Questo ha sottolineato la Nota presentata dalla Santa Sede al Governo italiano, non al Parlamento che è ovviamente libero di discutere e decidere, e un grande e laico giurista come Natalino Irti lo ha colto e sottolineato in modo limpido su 'Avvenire' del 6 luglio. Su questo avevano avvertito anche i vescovi italiani. Per questo bisognerebbe emendare il ddl Zan e io, come il professore e sacerdote Roberto Colombo, spero che in Senato si sia capaci di farlo. È sbagliata, semplicemente sbagliata una legge penale che non offre fattispecie di reato chiare e che incentiva dubbi come quello sollevato da uomo di grande esperienza politica e amministrativa del calibro di Vincenzo Ortolina. Bisogna fare una legge decente. Continueremo a insistere.