mercoledì 22 aprile 2015
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​Caro direttore,la rivoluzione globale del clima è iniziata. È cominciata in sordina, con una notizia apparentemente tecnica, che non è sfuggita agli addetti ai lavori, ma che merita d’essere sottolineata per la sua portata "strategica". Secondo i dati forniti dalla International Energy Agency (Iea), infatti, nel 2014 le emissioni globali di CO2, il principale gas serra, non sono aumentate nonostante il Pil mondiale sia cresciuto del 2,6%. Accade la prima volta negli ultimi 40 anni, cioè da ben prima che il global warming, il riscaldamento globale, fosse avvertito come problema planetario. Parlo di "rivoluzione climatica" perché viene formalizzato per la prima volta un fenomeno "storico", e a lungo auspicato e atteso: il disaccoppiamento fra crescita del prodotto interno lordo ed emissioni di gas serra. Fino a ieri infatti le emissioni di CO2 erano calate solo in coincidenza di gravi crisi economiche, come nel 1992 quando era collassato il sistema sovietico o nel 2009, nel momento più profondo della congiuntura negativa internazionale. In un mondo che "andava a petrolio" col calare della produzione, calavano le emissioni climalteranti. Con crescere della produzione i gas serra ricominciavano a crescere. Invece. i dati del 2014 hanno dimostrato che il binomio crescita della ricchezza / crescita dei gas serra (e il suo rovescio impoverimento globale / calo delle emissioni) si può sovvertire. È possibile la crescita economica a prescindere dall’uso di combustibili fossili. In prospettiva significa che è possibile, concretamente, lo sviluppo sostenibile su scala globale. Questo risultato eccezionale deriva, secondo le analisi fatte, in gran parte dal forte incremento degli investimenti in rinnovabili, soprattutto in Cina (che produce da sola il 30% della CO2 immessa nell’atmosfera) ma anche dai passi avanti fatti negli Usa e dal grande impegno europeo. Non a caso dopo i due colossi americano e asiatico, al terzo e quarto posto nella graduatoria dei Paesi con maggiori investimenti nelle rinnovabili ci sono due nazioni Ue: la Germania e, orgogliosamente, l’Italia. Naturalmente è presto per dire se questo virtuoso "disaccoppiamento" Pil/emissioni diventerà stabile, (vedremo, ad esempio, gli effetti del calo del prezzo del greggio sul consuntivo 2015), ma il dato del 2014 rappresenta un ottimo viatico per la conferenza di Parigi che dovrebbe condurci alla firma di un accordo globale sul clima. Ed è un segnale forte che indica, non solo l’opportunità, ma la reale possibilità di uno sviluppo sostenibile, in grado di conciliare le ragioni dell’economia con quelle dell’ambiente e promuovere quella rivoluzione culturale (e sociale) della de-carbonizzazione di cui il pianeta ha bisogno.*Ministro dell’Ambiente
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