«Fermatevi, pensate ai bambini». Il tweet del Papa è il grido angosciato che a noi tutti si strozza in gola quando vediamo le immagini dell’ospedale pediatrico di Mariupol bombardato, quando le madri scappano terrorizzate con i figli infagottati di fretta, quando ascoltiamo la tragica contabilità delle vittime: a ieri 79 piccoli uccisi, secondo il presidente Zelensky. Negli anni in cui la guerra era "solo" fredda, la popstar inglese Sting compose una commovente e ormai famosa ballata in cui cantava: «Ciò che può salvarci, me e voi, è se anche i russi amano i loro bambini». Era il 1985. C’era ancora l’Unione Sovietica, non si immaginava che l’incubo dell’Apocalisse nucleare sarebbe evaporato a breve, con la caduta del Muro e della Cortina di ferro.
Certo, i russi amano i loro bambini (con qualche eccezione – come avviene in tanti luoghi). E anche quelli degli altri, se li potessero vedere. Un’altra cortina è scesa oggi su Mosca, una censura che impedisce a molti di osservare e di capire. Di comprendere l’assurdità e l’ingiustizia di questa guerra scatenata nel cuore dell’Europa con armi convenzionali che provocano ugualmente morte e strazio tra i civili. Dopo 17 giorni di combattimenti le forze russe, assai meglio equipaggiate, non riescono ad avere la meglio sulla strenua e coraggiosa resistenza delle forze armate e del popolo ucraino. E non si vedono facili sbocchi a una crisi che è già mondiale per livello di coinvolgimento e per conseguenze a medio termine. Non solo l’Europa e gli Stati Uniti d’America sono in campo con le sanzioni economiche, da una parte, e la fornitura di aiuti e armi, dall’altra. Già due milioni di profughi hanno dovuto lasciare le proprie case e cercano accoglienza nella Ue. Il mercato dell’energia è pesantemente sotto stress e cominciamo a pagarne letteralmente le conseguenze.
L’intero sistema delle derrate agricole è a rischio choc, con possibili pesanti ripercussioni sulle nazioni del Medio Oriente e dell’Africa che dipendono dalle importazioni provenienti dai Paesi belligeranti. Gli effetti a più lunga gittata, se non si riuscirà a mettere fine allo scontro, annunciano un brusco stop alla globalizzazione e l’emergere – in un mondo multipolare – di una nuova, profonda spaccatura tra Est e Ovest. Ma la diplomazia chiamata a fare tacere le bombe sconta ormai il fatto di essere parte in causa sui due fronti. Il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz, i quali ieri hanno parlato a lungo di una tregua con il presidente russo Putin, sono gli stessi leader che la sera prima hanno concordato altre dure sanzioni contro Mosca. La Cina invocata come possibile mediatrice ha giocato su più tavoli, favorendo di fatto l’alleato russo, che ha continuato verbalmente a sostenere. Per questo è necessario avere un interlocutore sinceramente interessato alla pace e non portatore di interessi propri e secondi fini, come è il caso della Turchia, che ha ospitato gli ultimi colloqui.
La disponibilità a farsi promotore del negoziato riaffermata dal segretario di Stato vaticano Pietro Parolin disegna uno scenario in cui i timidi segnali di apertura alla trattativa arrivati nelle ultime ore sia dal Cremlino sia da Kiev possono trovare concretezza. Il primo obiettivo è un reale cessate il fuoco. Il passo successivo verso una conclusione del conflitto, anche sotto l’indiscussa autorità morale di papa Francesco, rimane un’impresa delle più complesse. Amputazioni dell’integrità territoriale dell’Ucraina, a maggior ragione dopo l’invasione in violazione del diritto internazionale, risulteranno estremamente difficili da accettare, ma sono le richieste principali di Putin. La neutralità del Paese è una strada percorribile se non significa tagliere i ponti con l’Europa. L’impegno per la pace del fronte occidentale potrebbe manifestarsi mettendo sul piatto anche l’allentamento rapido delle sanzioni, qualora Mosca accetti di recedere da almeno alcune delle forti condizioni poste finora. Di fronte alla prospettiva di una guerra lunga e foriera di ripercussioni a largo raggio o alla tentazione di un’escalation che ne abbrevi tragicamente il corso (le armi non convenzionali purtroppo non sono scomparse), ci si aspetta da tutti un sussulto di ragionevolezza.
Se al Cremlino finora non si è pianto per i bambini sacrificati, l’onda di pace sollevatasi anche ieri da tante piazze del mondo – che guardano al Papa come il più credibile esponente di quella volontà – potrebbe alla fine convincere Putin che questo è un conflitto che nessuno può vincere.