Nel giorno 206 della guerra, continua la controffensiva ucraina nel Donetsk, dove la 66esima brigata ha annunciato la liberazione del villaggio di Shchurove, a 12 chilometri dalla città di Lyman, con un ulteriore, seppur minimo, guadagno di terreno nel Donbass. Ma tutto questo, secondo il presidente russo, non cambierà i piani della Russia. Vladimir Putin ha detto di non avere fretta e che l’azione nella regione orientale rimane attiva, sottolineando poi come Mosca non abbia ancora schierato tutte le sue forze. “La nostra operazione offensiva non si ferma. Stiamo avanzando - non a un ritmo molto veloce - ma stiamo gradualmente prendendo sempre più territorio".
Una narrazione smentita sia dall’intelligence britannica sia dal Pentagono, secondo il quale le forze russe sono incapaci di centrare l'obiettivo iniziale di conquistare il Paese invaso: “Stiamo arrivando a un punto in cui ritengo che il Cremlino debba rivedere i suoi obiettivi perché è abbastanza chiaro al momento che non è in grado di centrare quello cui inizialmente mirava”, ha spiegato il capo dell'intelligence della Difesa Usa, Scott Barrier. Queste difficoltà della Russia potrebbero indurre i vertici a utilizzare armi proibite per ribaltare il corso dei combattimenti.
Va letto in questa chiave l’avvertimento lanciato dal presidente americano Joe Biden, che ha messo in guardia il suo omologo da ogni tentazione di usare ordigni chimici o nucleari. "Non farlo, non farlo, non farlo - ha detto il capo della Casa Bianca durante un'intervista sulla Cbs - o cambierai il volto del conflitto come mai accaduto dai tempi della Seconda guerra mondiale". Quando l'intervistatore ha chiesto quali sarebbero le conseguenze di un passo azzardato di Putin, Biden non ha voluto rispondere: "Pensa che direi esattamente che cosa succederebbe? Non lo dico, naturalmente. Ma sarebbe una scelta conseguente con la mossa russa". Dal Cremlino, né smentite né conferme, com’è ovvio, ma un rimando, non troppo rassicurante alla dottrina nucleare russa, che prevede tra l'altro l'uso di armi atomiche tattiche in caso di aggressione che metta a repentaglio "l'esistenza" ma anche "la sovranità e l'integrità territoriale dello Stato".
A essere cambiato insieme con lo scenario militare è anche quello politico-diplomatico. Gli incontri del capo della Federazione con i giganti asiatici non sono andati come sperato a Mosca. Il cinese XI Jinping si è mostrato freddo sul sostegno alla campagna militare russa, in uno dei quasi 40 bilaterali meno “fraterni” fra i due leader, mentre il premier indiano Modi è stato esplicito nell’invitare a trovare una soluzione per lo stop al conflitto. Ciò non significa che Putin sia del tutto isolato sullo scacchiere internazionale, ma certo il momento si sta rivelando sempre meno favorevole.
Le sepolture che stanno emergendo a Izyum, riconquistata dall’Ucraina, gettano una nuova cupa ombra sull’azione dell’esercito russo. Cento operatori del servizio di emergenza di Kiev da alcuni giorni scavano aprendo tombe ricavate in fretta nella foresta alle porte della città. Izyum, invasa ad aprile, è stata utilizzata dagli occupanti come snodo militare chiave per rifornire le forze dall'est. L'esumazione è stata condotta sotto il controllo di polizia e magistrati. Il procuratore regionale di Kharkiv, Olexander Ilyenkov, ha affermato che non vi è alcun dubbio che siano stati commessi crimini di guerra. "Nella prima tomba aperta c'era una civile con una corda al collo. Abbiamo visto le tracce della tortura", ha detto agli inviati della tv britannica Bbc. Quasi cinquecento persone sarebbero state vittime dei russi. "Alcuni di loro sono stati uccisi direttamente, altri sono stati torturati, altri ancora sono morti negli attacchi aerei e di artiglieria".
La condanna internazionale sta già crescendo e si va a sommare a quella relativa agli altri episodi di violenze immotivate sui civili, a partire da Bucha, in marzo. Sarà sempre più difficile per Mosca insistere sulla denazificazione dell’Ucraina quando continuano a emergere orrori provocati dai suoi soldati, fra i quali peraltro il morale è basso e l’adesione alla causa del conflitto scarsa, come dimostrano alcune lettere indirizzate alle famiglie in patria ritrovate fra i materiali abbandonati durante la fuga. Mentre la centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata ricollegata alla rete ucraina, facendo diminuire i rischi di un incidente ai reattori, la guerra si sviluppa con una debolezza russa che potrebbe essere sfruttata per un’iniziativa diplomatica più concreta. Niente però si vede all’orizzonte.