Pasqua torna, testarda e lieve come il battito del cuore, ad aprire fessure di speranza nei nostri giorni di crisi. Torna con parole e con segni capaci ancora di illuminare stralci di sentiero, di allargare feritoie di luce, invito a non lasciarci rinchiudere e bloccare dai mille problemi chi ci assediano. Seguiamo tre segni, come tre passi nell’alba: le ferite del Risorto, le ore del buio, le lacrime.
1. Sulle mani, sui piedi, sul fianco del Signore Gesù il bacio rosso delle ferite. Sul suo corpo l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, indelebili ormai come l’amore stesso. Piaghe che Gesù non nasconde ma quasi esibisce: “Tommaso, ecco qui il foro dei chiodi, lo squarcio della lancia, guarda, tocca, metti il dito, stendi la mano”. E dentro vi leggo il racconto di ogni vita umana che ha stigmate di dolore, angoli, recessi, grumi di dolore che non scompariranno mai, con i quali dovremo convivere, ma dai quali, come dalle piaghe del Risorto, in un terzo giorno, comincerà a sgorgare non più sangue ma luce. “Se vuoi, le tue ferite possono diventare feritoie” (Luigi Verdi). E allora non rimuoverle, non nasconderle, ma costruiscici sopra.
Ho visto genitori colpiti dal dolore più atroce, la morte di un figlio, il dolore innominabile, che non ha neppure un nome per essere detto, diventare strumenti di consolazione per chi è nella stessa angoscia. Ho visto ferite diventano feritoie, e le piaghe fessure di luce. Il dolore rimane, ma diventa strumento di guarigione. Come aveva intuito il profeta Isaia: “Illumina altri e ti illuminerai, guarisci le ferite d’altri e guarirà la tua piaga”. Questa è l’opera della Pasqua, quando la potenza della Risurrezione di Cristo si dirama nel cosmo e nell’uomo, raggiunge ogni dolore, non lo toglie ma lo copre di luce, lo fa uscire da sé e mettere in viaggio verso l’altro.
2. Si fece buio da mezzogiorno fino alle tre, su tutta la terra. Questa notazione dei vangeli, che può apparire come un addensarsi ulteriore di angoscia sul Golgota, è invece una parola piena di luce. Perché mi assicura che alle tenebre è fissato un limite, un argine al dolore, un confine alle lacrime. Poi il sole ritorna. Alla sofferenza è concesso di infierire sui miei giorni, ma ha confini segnati, durerà per un tempo, per ore o mesi, ma avrà un termine. Poi il cielo torna chiaro.
Quelle tre ore di buio su Gerusalemme, su tutta terra, nella mente e nel cuore di ogni uomo quando il male è così forte che non vedi niente, quando le lacrime velano gli occhi e spengono anche i volti cari, quel tempo duro ma limitato è una parabola posta da Dio a presidio della speranza. Ciò che è accaduto a Cristo accadrà anche a noi: il sole ritorna. Mancano pochi istanti alle tre del pomeriggio.
3. Seduta in faccia al sepolcro Maria di Magdala piangeva. Il primo sguardo del Risorto incontra le lacrime di un’amica. Il primo volto dell’umanità, alla prima luce del giorno, è in un battesimo di lacrime. Non ti puoi sbagliare: in tutti i vangeli il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato dell’uomo, ma sempre sul dolore e sull’amore:“Fa piaga nel tuo cuore la somma del dolore dell’uomo” (Giuseppe Ungaretti). Questo cerca, di questo si interessa, dimentico di sé: Donna perché piangi? Lo dice a Maria di Magdala e a ciascuno di noi, entra nelle nostre lacrime, vuole asciugarle con la carezza delle parole, va fino al loro riflesso più profondo per farsi argine e compagnia al nostro dolore. Anzi, come dice il salmo: le mie lacrime nell’otre tuo raccogli (Salmo 55,9). Immensi archivi di lacrime, raccolte una a una, sono i tesori di Dio. Le raccoglie ed è come se ci chiedesse scusa di ognuna di esse. “Dio naviga in un fiume di lacrime” (David Maria Turoldo). Questo mi conforta: Dio fa memoria di ogni dolore, ha cura di ogni lacrima, perla che non deve andare perduta, è ciò che manca alla passione di Cristo, ancora crocifisso nei suoi fratelli, è ciò che manca alla Pasqua di Cristo, quando sarà asciugata. Sono nella memoria amante di Cristo, fino a che la sua e nostra vita sia un fiume solo.