Caro direttore,
il dibattito di questi giorni sulla pillola Ru486 e sulle nuove disposizioni ministeriali circa il suo uso, rischia di allontanare l’attenzione dai problemi veri circa l’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg), tragedia irrisolta e antica quanto il mondo. A eccezione che nei Paesi occidentali l’Ivg resta il mezzo più usato per il controllo delle nascite, e a questo, ad esempio, non pensa mai nessuno... Sono arrivato alla conclusione che il dibattito sulla Ru486 è inutile: tra l’uso di un aspiratore o d’un antiprogestinico in fondo cambia poco. Tra la pillola e il soffio di un aspiratore la differenza è solo poco più che una suggestione.
Entrambi producono sempre comunque l’identica, cruenta interruzione di una gravidanza. È inutile e forse è davvero equivoco accanirsi ad esempio sullo 'spirito' vero della 194 quando ognuno ha un diverso 'spirito' da imputare a quella benedetta legge. Essa esordisce dicendo (Art. 1): «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio».
E poi continua: «L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite». Dice proprio così, eppure la legge – per 40 anni – sembra paradossalmente aver solo dettato le regole per l’Ivg usata come ordinario mezzo per la regolazione delle nascite. Nessun articolo della Legge 194/78 in realtà parla o accenna a un presunto «diritto della donna» a interrompere la sua gravidanza. Eppure, dappertutto si scrive e si ripete che l’aborto è un inviolabile «diritto della donna». La carenza di 'non obiettori', anche se i numeri reali dicono altro, sarebbe un impedimento ai presunti adempimenti della legge e qualcuno per questo invoca persino l’esistenza di un complotto.
La realtà è assai più semplice: tutti in cuor loro sanno, e spesso ammettono, che interrompere una gravidanza è interrompere una vita umana; dunque perché farlo? È proprio questa la realtà: tutti in fondo sono convinti che interrompere una gravidanza sia interrompere una vita. Non c’è nessuno al mondo infatti che abbia mai esibito solidi argomenti filosofici o scientifici per sostenere che quella dell’embrione non sia vita. Ed è di questo che bisogna parlare.
È l’unica via, lunga ma efficace, per risolvere la «piaga dell’aborto»: suscitare, in chi ci sta intorno uno sguardo chiaro e sincero sul problema, capire e far capire agli altri il fatto quasi ovvio che la gravidanza non sia altro che vita in atto. L’attuale, anche accanito, dibattito sulla Ru486 può essere fuorviante; rischia addirittura di diventare un 'osso da rosicchiare', un diversivo per distogliere l’attenzione della gente dalle questioni serie di questa tragedia antica e terribile, ancora irrisolta.
Medico, impegnato nell’associazionismo cattolico e di categoria