Lo avevo appena detto, venerdì mattina, ai meravigliosi scout dell’Agesci riuniti a San Rossore: «La camorra è un albero velenoso che affonda le radici velenose in un terreno velenoso che è il pensare camorristico». Inutile, dunque, affaticarsi a tagliare i rami se, contemporaneamente, non si lavora a prosciugare la palude. Potrebbe essere addirittura controproducente. Per la vecchia legge dell’eterogenesi dei fini, cioè, quel taglio potrebbe tradursi in una sorta di potatura e dare nuova forza all’albero. Lo avevo appena detto quando mi è giunto il messaggio: nel territorio della mia parrocchia c’era stato un nuovo omicidio. La vittima, un uomo di 51 anni, è stato freddato con due colpi di pistola in pieno viso. I rintocchi delle dodici non erano ancora suonati e i bambini, i nostri meravigliosi bambini che non conoscono vacanza, giocavano all’ombra dei palazzoni, accanto alle ' piscine' improvvisate dove tentano di trovare un po’ di refrigerio. Piccoli innocenti testimoni di mille nefandezze di adulti irresponsabili e persino feroci. Ancora una volta nei loro occhi sono state impresse scene di una violenza inaudita. L’odio. Di che cosa non è capace l’odio. Sangue. Sangue. Sangue. A imbrattare le strade, a incupire gli animi, a cancellare la serenità. Sangue per dire chi è 'che comanda' nella scacchiera dei clan. Leggo i giornali locali: hanno poco da dire. Riportano la notizia con dovizia di particolari, ma in fondo non si tratta che dell’ennesimo omicidio maturato in un’area periferica altamente a rischio nella provincia di Napoli. In un quartiere dove tante famiglie sono a reddito zero eppure vanno avanti lo stesso. Cose che già si sanno, già dette mille volte, insomma… E invece no. Questa orribile morte, ancora una volta, diventa un atto di accusa. Gennaro, l’uomo barbaramente assassinato, lo conosco. È un uomo che ha sbagliato, che ha sofferto, che ha pagato il debito con la giustizia. Un uomo, però, che non aveva alcuna intenzione di ritornare a delinquere, che non voleva ritornare in carcere. Che volentieri avrebbe cambiato vita, se avesse trovato un appiglio a cui aggrapparsi. Un uomo che veniva di sera a chiedere un piccolo aiuto alla parrocchia per le più elementari esigenze. E che poi è tornato a sbagliare. Sembra una strada obbligata, una vera condanna a morte. Lo ripetiamo da anni senza mai avere una risposta da parte di chi in questo Paese detiene il potere. Occorre prosciugare la palude. Occorre togliere linfa all’albero maledetto. Occorre dare dignità, serenità, lavoro. Occorre impedire ai poveri di ricorrere alla malavita per sfamare i figli. Occorre che lo Stato sia presente per davvero su questi territori terribilmente a rischio. La manovalanza spicciola della malavita viene troppo sottovalutata e invece è proprio là che si nasconde l’infido tranello. Gennaro ha concluso la sua corsa. Come già successo tante altre volte, credo che un’ordinanza di polizia, gli negherà anche i funerali. E presto quest’uomo e la sua morte cadranno nell’oblio più profondo. La lezione impartita da 'chi comanda' è stata certamente compresa. Le regole del terrore vanno rispettate, sempre. Per qualche mese ci sarà il silenzio, e poi ricomincerà il suono delle armi. Quanti altri ragazzi dovranno cadere? Quanta altra gente dovrà pagare con la vita uno sgarbo fatto? Quanti altri bambini, pochi anni dopo aver indossato l’abito bianco della Prima Comunione, saranno risucchiati nel vortice mortale? La società civile deve porsi una domanda con grande serietà: a coloro che, dopo aver sbagliato, dopo aver magari patito il carcere, chiedono di essere aiutati a non ricadere nella fossa, che cosa è disposta a offrire? Papa Francesco ci chiama a volgere lo sguardo alle periferie geografiche ed esistenziali. Facciamolo. Facciamolo tutti, ognuno secondo le sue capacità, le sue responsabilità. Impegniamoci tutti a prosciugare la palude. Impediamole di continuare ad alimentare l’albero maledetto dal quale non possono che nascere frutti maledetti.
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