La Lettera che Benedetto XVI ha indirizzato ieri ai presbiteri di tutto il mondo per l’apertura dell’Anno Sacerdotale, rivela da subito un volto nuovo, il volto più umano di Joseph Ratzinger. È un padre, un fratello maggiore che scrive e apre il proprio cuore a quanti come lui, apostoli del Signore, hanno scelto di vivere in Cristo, o meglio sono stati scelti, chiamati a una così alta missione. La lettera infatti si apre con «Cari fratelli nel Sacerdozio», quasi a mettere subito in evidenza il vincolo della comunione fraterna che lo lega a tutti i presbiteri. Ed è commovente scoprire come Benedetto XVI ricordi con tenerezza il primo parroco, accanto al quale esercitò il suo ministero di giovane prete e i tanti confratelli che ha incontrato, generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale. Ma al di là dell’afflato affettivo che caratterizza la lettera sin dalle prime righe, è un testo di grande valenza spirituale e pastorale. L’intenzione del Papa è quella di promuovere un rinnovamento interiore di tutti i sacerdoti affinché la loro testimonianza evangelica nel mondo di oggi sia più forte e incisiva. Il richiamo all’esempio del Santo Curato d’Ars e alle sue parole: «Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù», evidenziano l’alto valore del ministero sacerdotale. Una missione esaltante, quella dei sacerdoti, ma che spesso comporta sacrificio e sofferenza. Il pensiero del Papa va infatti ai tanti confratelli perseguitati e offesi nella loro dignità. Certo Benedetto XVI non nega che a volte «è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri», ma proprio per questo è necessaria, più che sottolineare errori e debolezze, «una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio». Sull’esempio, dunque, del Curato d’Ars il Papa, come Giovanni XXIII, richiama i sacerdoti all’osservanza dei consigli evangelici: povertà, castità e obbedienza, ma soprattutto ad una testimonianza concreta, quotidiana, «della verità dell’Amore: Deus caritas est » (1 Gv 4,8). Perché come osservava Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni ». E come il Curato d’Ars con la Parola e con i Sacramenti del suo Gesù, sapeva edificare il proprio popolo, così oggi, in questo nostro tempo i sacerdoti sono chiamati a un grande impegno: far percepire l’amore misericordioso del Signore per trasformare il cuore delle persone, il loro stile di vita «per condurre tutti all’unità della carità, 'amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza' (Rm 12,10)». È significativo il richiamo del Papa al caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a «riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa…» per essere in grado di cogliere i segni dei tempi. Bene ha fatto, allora, Benedetto XVI a ricordare la necessaria apertura ai fedeli laici e a sottolineare che insieme, presbiteri e laici, formano l’unico popolo sacerdotale, perché solo uniti si può essere realmente messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace. Ancora più importante è il richiamo del Papa, sulle orme di Giovanni Paolo II, alla comunione dei presbiteri con il loro Vescovo che, basata sul sacramento dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si deve tradurre sempre più «nelle diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva e affettiva». Al di fuori della comunione il sacerdote rischia la solitudine, solo dalla comunione invece può scaturire «un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo». Affidando alla Vergine santissima l’anno sacerdotale, invita i sacerdoti «a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa». Il Papa sa bene che lo Spirito soffia dove vuole e che «nonostante il male che vi è nel mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristo ai suoi Apostoli nel Cenacolo: 'Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo' (Gv 16,33)».