Crollano grandi opere, considerate (non sempre a ragione) strategiche. Crollano piccole opere, alcune di esser ancor più strategiche. Crollano viadotti autostradali. Crollano scuole dei piccoli centri di provincia. Giornata terribile, ieri, con le conseguenze sempre più gravi della frana che ha danneggiato quattro giorni fa l’autostrada Palermo-Catania e coi bambini feriti per il cedimento del solaio della scuola elementare di Ostuni. Gli ennesimi episodi, sia per viadotti che per scuole. Colpi sempre più frequenti sotto i quali sembra vacillare un sistema di infrastrutture orientato a dotare il Paese di opere ritenute necessarie, utilizzando procedure accelerate, d’emergenza, facilitate. E che poi è finito nelle paludi della corruzione, alcune volte strettamente intrecciata a inefficienza, cattiva qualità dei lavori, tempi secolari, come sta raccontando la recente inchiesta della magistratura fiorentina sulle grandi opere. L’esatto contrario di quanto promesso. E certi crolli lo dimostrano.C’è un’Italia "in deviazione", sulla Salerno-Reggio Calabria e, ora, sulla Palermo-Catania (senza dimenticare altri eventi siciliani e sardi accumulatisi in questi ultimi mesi). Deviazioni che obbligano automobilisti e camionisti ad allungare i tempi di viaggio di ore, a riprendere vecchi percorsi che proprio le grandi opere volevano superare. Traffico che rallenta, traffico che si blocca.Ma ci sono altri crolli che provocano "blocchi" ancora più gravi. Quelli delle nostre scuole, vecchi edifici ma anche recenti o ristrutturati – male – come appunto nella cittadina pugliese. Si blocca la didattica, si blocca l’educazione, si blocca la condivisione e costruzione di cultura. Alla stregua di auto e camion deviati dall’autostrada alla vecchia a tortuosa provinciale, così i nostri figli vengono deviati dalla loro scuola, nella migliore delle ipotesi per ammassarsi in un’altra, nella peggiore per arrangiarsi in una soluzione di ripiego o per restare a casa, almeno per un po’. Sempre che il crollo non si porti via qualche piccola vita. Ieri ci si è andati vicini. Per fortuna, solo vicini. Non andò così al piemontese diciassettenne Vito Scafidi, morto nel 2009 nel crollo del solaio del liceo Darwin di Rivoli. E non dimentichiamo certo i 27 piccoli di San Giuliano di Puglia, morti con la loro maestra il 31 ottobre 2002, schiacciati dalla loro scuola, malcostruita in modo colpevole.Proprio mentre crollano grandi opere, vacilla il sistema delle grandi opere e finiscono in carcere gli eterni affaristi della grandi opere, bisogna essere capaci di affermare – come questo giornale ripete da anni – che la vera grande opera è la messa in sicurezza del Paese, partendo dalle scuole, dal dissesto idrogeologico, dai lavori antisismici. Una grande opera diffusa, fatta di tante piccole e fondamentali opere. Ci vogliono più scuole belle e sicure, più interventi su frane e versanti (anche per proteggere le grandi reti di comunicazione). Ci vogliono sicurezza e lavoro. Tanto buon lavoro. Meno grandi cantieri, più piccoli cantieri. Un "cantiere nazionale diffuso". Sembrano queste, almeno dalle prime dichiarazioni, le intenzioni del nuovo ministro per le Infrastrutture, Graziano Delrio, probabilmente memore della sua esperienza di sindaco. Poche, ma davvero importanti, grandi opere. E molta attenzione al "cantiere diffuso".Bene, bisogna dar forte seguito alla giusta intuizione del Governo di rilanciare proprio i lavori per le scuole e per la sicurezza idrogeologica, anche grazie a una nuova struttura di missione. Impresa davvero grande, e niente affatto facile. Come in una "caccia al tesoro" vanno ritrovati fondi stanziati e non spesi, vanno messi a nudo ritardi e inefficienze di Regioni ed Enti locali, bacchettando quando serve e aiutando quando è necessario. Resistenze non mancano, frutto di un vecchio modo di affrontare o non affrontare i problemi. E bene fa, dunque, il responsabile della struttura Erasmo D’Angelis a tirare le orecchie senza guardare in faccia a nessuno, di qualunque "colore" (politico) sia. Perché ritardi e colpe sono trasversali. E male fa chi replica stizzito, invece di rimboccarsi le maniche dopo aver magari chiesto scusa. Per crolli, frane, morti e feriti. Solo così si volterà davvero pagina.Da una stagione che tra
general contractor,
project financing, stati d’emergenza ha dimenticato l’ordinaria gestione di un Paese complesso e delicato come l’Italia. Una stagione che ci lascia uno strascico di grandi opere non finite, di costi cresciuti a dismisura, di cemento depotenziato seminato ovunque e di crolli. Dietro ai quali emergono di nuovo truffe e tangenti. Un gigantismo dai piedi d’argilla. Peciò servono nuovi piedi, magari più piccoli ma saldi. Lo chiedono soprattutto i nostri ragazzi che, entrando a scuola, devono essere certi di non finire deviati come Tir su qualche strada secondaria.