venerdì 13 luglio 2012
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​Alcune brevi considerazioni a margine dell’interessante e ampiamente condiviso articolo dell’amico Luigino Bruni su Avvenire dell’8 luglio, intitolato «Il modello italiano». Bruni introduce il suo articolo con le seguenti parole: «Il presidente Monti ha affermato di condividere con la Germania la visione di una "economia sociale di mercato altamente competitiva", facendo così eco ad altre voci che in Italia stanno evocando e invocando quella suggestiva espressione». Dal momento che da anni come Centro Studi Tocqueville-Acton ci spendiamo nella proposizione di tale modello economico, non neghiamo di esserci sentiti chiamati in causa. Appellarsi ad «un’economia sociale di mercato altamente competitiva» non ha nulla di retorico, significa rifarsi esplicitamente all’opera di uno dei più importanti tandem della vita politica ed economica europea del Secondo Dopoguerra: Ludwig Erhard e Aldred Müller Armack. Entrambi hanno considerato l’«economia sociale» lo scopo che si consegue tramite il mercato. Su questa base, la prospettiva dell’economia sociale di mercato si struttura nei seguenti tre punti: 1) impedire al potere politico di essere una sorgente arbitraria di disordine; 2) sopprimere ogni struttura monopolitistica; 3) fare prevalere in ogni caso libertà e concorrenza. Dunque, non si tratta di importare dalla Germania un modello estraneo alla nostra tradizione civile; tutt’altro, quel modello può vivere solo in una realtà sociale dinamica e policentrica, come appunto la nostra poliarchica società civile. I critici, e con essi anche l’amico Bruni, hanno spesso confuso l’espressione «economia sociale di mercato» con «economia di mercato sociale». Bruni utilizza l’espressione capovolta per rappresentare un’economia di mercato che sia autenticamente civile. Ebbene, dal momento che i concetti di "mercato", di "competizione", di "impresa" e di "Stato", nella prospettiva dell’economia sociale di mercato, affondano nella tradizione del pensiero sociale della Chiesa e fanno proprio il principio di sussidiarietà, riteniamo che la dimensione "civile" sia già nel suo Dna, senza alcun bisogno di ulteriori complicazioni nominalistiche. L’economia sociale di mercato esprime il contesto teorico nel quale opera l’«economia civile» e la politica sociale è una parte costitutiva del concetto di economia di mercato, intesa come economia civile, al centro della quale opera l’impresa: piccola, media, grande, cooperativa e non profit che dir si voglia. Infine, Bruni scrive: «Ecco perché Mario Monti e gli altri amanti della suggestiva espressione economia sociale di mercato debbono dirci, con le scelte di politica economica e con la modulazione dei tagli, come si pongono nei confronti dell’economia italiana di oggi». In attesa che si precisi la risposta di Monti, ci permettiamo di indicare un percorso: quello della sussidiarietà e della poliarchia. Un percorso già affrontato nel nostro articolo su Avvenire dello scorso 9 giugno, laddove abbiamo proposto una spending review ispirata alla sussidiarietà, intendendo con tale espressione lo sforzo di guardare al settore pubblico, prima ancora che come erogatore di servizi pubblici, come autorevole produttore di norme e controllore della loro corretta applicazione, al fine di permettere il perseguimento dell’interesse generale attraverso (e non a dispetto) della libera iniziativa dei singoli e dei corpi intermedi.Auspicare per il nostro Paese la ricetta della «economia sociale di mercato altamente competitiva» significa perciò auspicare una politica economica che, riconoscendo i pregi e i difetti del nostro sistema produttivo, sappia fornirgli gli strumenti per affrontare i nuovi paradigmi economici e le sfide della globalizzazione. In questo senso, auspichiamo «uno Stato forte per un mercato libero e un’impresa dinamica». Ci riferiamo, naturalmente, alla necessità di uno Stato autorevole, fortemente presente nella vita economica e sociale del Paese non come imprenditore né come mero erogatore di spesa, bensì come soggetto capace di definire un quadro istituzionale e giuridico in grado di promuovere la concorrenza e la competitività del sistema imprenditoriale, di sgravare le imprese da una serie di compiti impropri che spesso ne minano alla radice la competitività internazionale. In definitiva, l’economia sociale di mercato storicamente si sviluppa ispirata dal principio di sussidiarietà del moderno Magistero sociale della Chiesa e potrà continuare a dare buoni frutti solo se si mostrerà fedele a tale legato.
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