Si potrebbe polemizzare a iosa - e infatti si polemizza non poco da parte dell’opposizione politica e di alcune forze sociali - sull’improvvisa necessità di dar vita a una severa manovra sui conti pubblici nazionali, per garantirne l’equilibrio di medio periodo ed evitare di essere colpiti a nostra volta dalla "sindrome greca". Si potrebbe anche recriminare a volontà – e come è ovvio in parecchi si dedicano a questo esercizio – per le tante rassicurazioni attorno alla stabilità della nostra situazione finanziaria, che a più riprese sono state fornite a supporto di scelte di politica economica quanto meno attendiste, ma che ora si rivelano egualmente bisognose di robusti interventi integrativi.Si può naturalmente ribattere a polemiche e recriminazioni – come di fatto avviene dal versante dell’esecutivo e della maggioranza – che senza un controllo prudente e accorto della spesa, oggi il tenore dei sacrifici da chiedere ai nostri concittadini sarebbe molto più doloroso. E si può obiettare ai critici – non senza fondate ragioni – che all’Italia, dopo gli iniziali equivoci scatenati da improvvide valutazioni di agenzie di rating, giungono continue attestazioni di solidità dalle organizzazioni internazionali e che nessuno o quasi ci inserisce più nelle liste nere dei "pigs", cioè delle economie a rischio di collasso.Tutto questo succede e continuerà inevitabilmente ad accadere, com’è scontato e in fondo comprensibile. Ci si potrebbe semmai risparmiare il solito tourbillon di anticipazioni e indiscrezioni, più o meno corrette e modificate in corso d’opera, prima di arrivare a mettere nero su bianco le scelte effettive. Ma questa sembra ormai una costante ultra decennale del modo di governare di casa nostra, indipendente dalla qualità e dal colore dei governi, alla quale conviene rassegnarsi.Da quanto finora è stato fatto trapelare si percepisce, comunque, l’intenzione complessiva di concentrare in buona misura la "stretta" nell’ambito del settore pubblico. Si punta a far slittare in avanti nel tempo spese ed erogazioni, a ridurre sprechi e a bloccare dinamiche di uscita automatiche, disboscando la giungla delle consulenze e coinvolgendo nei tagli anche il personale politico e gli alti livelli della burocrazia.Qualcuno certamente avanzerà ben comprensibili dubbi sull’opportunità, in un clima di domanda stagnante e di consumi sempre "al palo", di colpire i redditi degli statali, col rischio di deprimere ulteriormente una crescita interna tuttora stentata. E si potrebbe eccepire, al di là dell’innegabile valenza simbolica e di equità, sull’efficacia di riduzioni agli "stipendi" di ministri e parlamentari, se non finalmente accompagnate da incisive sforbiciate alla pletora degli eletti in tutti gli ambiti territoriali (per altro previste da una recente legge, ma rinviata nel tempo quanto all’attuazione concreta).Ma il punto vero da chiarire è quale respiro complessivo si intende dare alla manovra in preparazione. Tutti sanno che, nonostante il momentaneo equilibrio, la situazione strutturale dei nostri conti resta precaria, soprattutto a causa di un debito pubblico che, più volte al mese, costringe il Tesoro ad andare sui mercati, in cerca di sottoscrittori di titoli dal palato difficile e dall’indole diffidente per natura. Di qui la necessità di individuare un percorso virtuoso, per evitare nuovi stress finanziari che sarebbero esiziali per il "sistema Italia".Tutto giusto e sacrosanto. Purché però si riesca anche a indicare un orizzonte strategico che superi la tradizionale logica dell’aggiustamento congiunturale. Un orizzonte comprensivo di un percorso di crescita reale, accompagnato da stimoli agli operatori e alle famiglie, che aspettano da troppo tempo riforme incisive, specialmente in campo fiscale e amministrativo. Riforme, lo sappiamo, che richiedono tempo e risorse, ma la cui prospettazione chiara sarebbe già un passo avanti importante, soprattutto se garantito dalla fissazione di tappe ben definite, che l’opinione pubblica potrà poi verificare con modalità precise e trasparenti. Per spingersi avanti spediti non basta tenere in salvo il "borsellino", occorre alzare lo sguardo.