Caro direttore
sono il papà di Moira Quaresmini, in stato vegetativo da 15 anni e assistita a domicilio da mia moglie Giovanna e dal sottoscritto. Della sua storia Avvenire ha parlato più volte ed Enrico Viganò ha scritto, come sa, anche un libro: Il sorriso di Moira.
Recentemente ho letto degli articoli e ascoltato conferenze sui cosiddetti stati vegetativi e ho notato che quando viene affrontato il tema dei caregivers, cioè di coloro che si prendono cura di persone in queste condizioni, si consiglia per loro l’assistenza dello psicologo e un corso di formazione per meglio affrontare il percorso socio-assistenziale. Le scrivo per proporre, invece, un corso di formazione alle persone che legiferano in materia o che, comunque, sono determinanti nelle formulazioni di leggi, decreti o delibere di giunte regionali.
Queste persone dovrebbero venire a casa nostra e di coloro che ospitano, come noi, persone in SV e restare, come noi, per 7 giorni, 24 ore su 24, vicini al nostro famigliare. Sono convinto che dopo questo "stage" saranno in grado di partorire normative più giuste e sensate. Ho sentito durante questi 15 anni milioni e milioni di parole: tutte belle, tutte indirizzate alle buone intenzioni, ma sul piano dei fatti ho visto poco o nulla. E noi chiediamo fatti, non più parole. Purtroppo il popolo degli stati vegetativi, le persone disabili e i loro famigliari, hanno voce flebile e per nulla ascoltata.
Anch’io mi chiedo, come ha detto recentemente Fulvio De Nigris, se per caso «serve un altro caso Englaro per richiamare l’attenzione sugli stati vegetativi»... Pochi giorni fa ho partecipato al secondo Workshop sugli SV organizzato dall’Associazione "Insieme per Cristina" di Bologna di cui Avvenire ha dato notizia e ha riferito. Il tema era l’Accordo Stato-Regioni del 5 maggio 2011. Ebbene, da questo convegno sono emersi dati sconcertanti. Dopo 4 anni questo Accordo è per lo più ancora sulla carta: il 59% delle associazioni non sono state ancora convocate dalle Regioni, il 45,5% delle Regioni non hanno concesso alcun contributo ai caregivers, per l’82% non ci sono centri diurni e il 91% delle associazioni intervistate hanno dichiarato l’inesistenza di «domicili protetti» nelle proprie regioni.
Direttore, da Bologna è venuta la richiesta che ci sia più attenzione e cura per le persone ancora in stato vegetativo. L’attenzione delle strutture sanitarie e della stampa (nonché dei convegni) si focalizza maggiormente nei confronti di coloro che hanno – diciamo così – la "fortuna" di uscire dallo stato vegetativo, e sempre meno, se non nulla, su coloro che sono ancora in quella condizione.
Sempre a Bologna abbiamo saputo che a Cristina Magrini, da 33 anni in stato vegetativo – "record", mi passi il termine, europeo se non mondiale di anni in SV – non è stato riconosciuto per ben due volte il diritto all’aumento del contributo giornaliero perché non in possesso di un certificato medico che attesti la necessità di essere sollevata dal letto 4 volte al giorno. Capisce, direttore, fino a dove arriva la burocrazia pur di non darci una mano! Ma mi chiedo: una donna in stato vegetativo da 33 anni non è un disabile grave? Ed è ovvio che venga sollevata in un giorno almeno 4 volte, anzi 10-15...
Ho un sogno: che finalmente gli stati vegetativi, anche senza "secchiate di acqua gelida" e senza ricorrere a forme di manifestazioni eclatanti davanti al Parlamento, possano ottenere quello che spetta loro di diritto e che venga messo in atto l’accordo Stato-Regioni del 5 maggio 2011. Grazie, direttore
Faustino Quaresmini
Che cosa posso aggiungere, caro amico? Solo un caldo, pressante, persino accorato invito ai nostri governanti e legislatori a leggere bene, riga per riga, questa sua lettera che è indirizzata a me, ma in realtà è diretta a tutti loro. Ne facciano tesoro, ne traggano ispirazione. È un piccolo, istantaneo "corso di formazione" – proprio come quelli che lei auspica – per coloro che hanno la responsabilità di definire leggi e regole. Regole e leggi che, appunto, devono creare condizioni di concreto aiuto e sostegno per le persone che ne hanno prioritaria necessità, e dunque anche per le persone in stato vegetativo (o di minima coscienza) e per le loro famiglie, e non devono accumulare una serie di pur utili "puntelli" accompagnati però da incredibili disattenzioni, assurdi impacci e persino burocratiche arroganze che finiscono per rendere ancora più complicata la "fatica" di questi disabili gravi e di chi li assiste, mortificando la loro lotta per una vita degna. Questo è il vero nodo, mentre troppi si affannano a parlare e scrivere di "morte degna": ognuno di noi, soprattutto quando si ritrova in condizioni di totale debolezza e dipendenza, ha diritto a una vita degna, a una considerazione che lo tenga lontano dal baratro dell’abbandono e dello sconforto.
Un forte abbraccio, caro Faustino. A lei, a sua moglie Giovanna e, naturalmente, a Moira. E auguri a tutti voi nel cammino verso questa nuova Pasqua.