Il soprassalto di saggezza politica e istituzionale nel quale anche noi avevamo sperato c’è stato. L’Italia ha di nuovo un «presidente di tutti», e lo ha di nuovo in Giorgio Napolitano. Stavolta, con quel consenso amplissimo che sette anni fa lo storico leader della sinistra già comunista non riuscì a ottenere dal Parlamento e che nell’esercizio delle sue funzioni – pur non rimanendo immune da polemiche e critiche, e affrontandole da par suo – ha saputo meritarsi.
Solo la consapevolezza della disperata e disperante impotenza di tutte le forze e frazioni politiche – tutte, nessuna esclusa, anche quelle che più hanno lavorato per paralizzare sino al collasso il 'sistema' – poteva indurre il capo dello Stato uscente a ripensare il suo ripetuto 'no' a qualunque ipotesi di rielezione. E c’è da essergli grati per avere, con la propria costruttiva disponibilità, strappato via dalla logica di guerra più dei due terzi del Parlamento repubblicano. C’è da essergli riconoscenti per il supplemento di altissimo servizio istituzionale al quale si appresta in un passaggio difficile e duro, davvero cruciale, della vita nazionale. La sua figura sobria, la cultura dialogante, la naturale misura, il senso del dovere sono un riferimento saldo pure per chi, in tutto o in parte, non ha condiviso o apprezzato il lungo percorso politico-istituzionale di cui è stato protagonista. E di fronte alle polemiche e alle manovre esasperate e devastanti di vecchi e nuovi personaggi della scena pubblica rappresentano un antidoto esemplare, non solo utile ma, come si è visto, alla fin fine indispensabile. Un esempio? Beppe Grillo è passato, ieri, da una nuova annunciata marcia su Roma di «milioni» (!) di propri sostenitori con finale e incendiario comizio di piazza contro un proclamato «golpe» a una più politica e civile conferenza stampa (non solo un monologo, si spera, ma un normale incrociarsi di libere domande e di libere risposte...). Se lo ha fatto, è anche e soprattutto perché una personalità del calibro e della popolarità di Napolitano è di nuovo al vertice delle nostre malmesse istituzioni e al centro del tentativo di dare esito ragionevole e proficuo allo stallo politico e di governo che proprio Grillo, coadiuvato alacremente dalle miopie altrui, ha sinora fatto di tutto per perpetuare.
Non è inutile sottolineare, infatti, che questa prima conferma nel suo ruolo di un presidente della Repubblica (Napolitano era e resta l’undicesimo della serie) è una conferma, solenne e persino drammatica, della gravità della situazione in cui versa l’Italia: il Paese legale piagato dalle sterili supponenze dei partiti tanto quanto il Paese reale piegato da una crisi economica e sociale sempre più pesante. La conferma del capo dello Stato è, cioè, la conferma della necessità assoluta di agire il più concordemente possibile, con visione davvero lungimirante, per ridare lavoro e speranza agli italiani e per avviare una buona volta a conclusione – quell’equilibrata conclusione che attendiamo invano da quasi vent’anni – la tormentata transizione dalla Repubblica pensata dai padri costituenti a una nuova Repubblica che, tenendo fermo e caro il prezioso e attualissimo impianto valoriale della nostra Carta, si giovi di un ordinamento saggiamente rivisto e ammodernato.
Quest’epilogo al tempo stesso incalzante e rassicurante della 'corsa al Colle 2013', per qualcuno era, in fondo, già scritto. Eravamo tre giorni fa, e siamo oggi, a una sorta di extrema ratio. A essa si sono inchinati il presidente Napolitano e la stragrande maggioranza dell’Assemblea dei grandi elettori. Qualcosa di generosamente e lucidamente analogo, nello sforzo per dare al Paese il governo possibile e necessario, dovrà essere fatto almeno dai partiti che hanno votato il bis del «presidente di tutti»: Pd, Pdl, Scelta Civica e Lega. Ognuno di essi ha, in proprio, problemi non piccoli (in qualche caso persino vitali) da risolvere, ma quelli 'di sistema' ora contano di più. Perché il 'sistema' non è la Luna, siamo noi: le nostre famiglie, le nostre città, le nostre aziende. Perché in ballo c’è la qualità della nostra democrazia e il futuro stesso della nostra gente, dei cittadini di questo Paese.
Siamo, insomma, al dunque. Si dice, a ragione, che bisogna toccare il fondo per poter cominciare a risalire. E gli italiani, anche quelli più sfiduciati e spazientiti, sanno bene quanto ci sia bisogno, e ci sia bisogno adesso, di una reazione positiva e convincente alla realtà mortificante che viviamo (e alla pessima retorica che si fa su di essa). Certo, il tasso di intossicazione della nostra politica è così alto da far temere che il fondo non sia stato ancora toccato, non da tutti almeno. Ma la risalita deve comunque cominciare adesso. Siamo certi che questo è il punto cardine dell’agenda di Giorgio Napolitano. Più che mai auguri, presidente.