Sono i giudici “senza sentimenti” a fare la buona giustizia
mercoledì 6 dicembre 2023

Ci sono casi in cui il semplice applicare la legge, nel modo più normale e pacato, richiede un certo coraggio. Perché a volte non è facile non farsi condizionare dal vento dello spirito del tempo che entra dalle finestre. I giudici di Asti, che lunedì hanno condannato l’orefice che ha ucciso due rapinatori ferendone un terzo, hanno dimostrato di possedere questo pacato e silenzioso coraggio. C’è un orefice che nel suo negozio subisce una dura rapina, con armi puntate contro la moglie, che viene brutalmente legata (che quelle impugnate fossero armi giocattolo non conta, perché lo si saprà solo dopo). Tutto è nitidamente registrato dalle telecamere interne. Quell’orefice, alcuni anni prima, aveva subito un’altra violenta rapina nel corso della quale era stato percosso e ferito. Forse ripensando proprio a questo precedente, l’orefice perde la testa.

C’è un altro filmato, delle telecamere esterne che, altrettanto nitidamente, ci mostra la seconda fase di questa tragedia: l’orefice esce dal negozio, insegue i rapinatori in fuga che stanno salendo in auto; spara loro alla schiena; colpisce con un calcio alla testa uno dei rapinatori che sta morendo sul marciapiede. Due sono uccisi. Il terzo è ferito. Dal punto di vista della legge, non c’è alcuna possibilità di dubbio. Le immagini del filmato sono implacabili. I banditi sono stati uccisi mentre fuggivano, non avevano più le armi puntate contro la vittima. Semplicemente, stavano scappando. Nessun giurista può seriamente parlare di legittima difesa e neppure di eccesso colposo. La difesa personale è legittima solo quando si è nella necessità di difendere un proprio o un altrui diritto contro «il pericolo attuale di un’offesa ingiusta» e la difesa deve comunque essere « proporzionata all’offesa». Se si spara contro un rapinatore in fuga, lo si fa per riprendersi il maltolto. Sacrificio della vita di altri per la difesa del proprio patrimonio. Non c’è alcuna proporzionalità possibile. C’è, indubbiamente, in chi ha agito esasperato sparando, la parziale attenuante di aver subito una provocazione («agito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui»: articolo 62, n. 2 del codice penale). E infatti, il Tribunale di Asti ha riconosciuto questa attenuante, oltre alle attenuanti generiche, diminuendo fortemente la pena prevista per l’omicidio.

Tenuto conto che l’omicidio era duplice e che c’era anche il tentato omicidio del terzo rapinatore, tenuto conto degli aumenti di pena previsti per ciascun fatto, la sanzione è stata, a ben vedere, mite. Non certo «durissima» come si sono affrettati a dire molti commentatori. Insomma: i giudici di Asti hanno applicato la legge, con equilibrio e saggezza. Fin qui, il diritto. Ma poi ci sono i sentimenti. C’è il ricordo di quel che l’orefice aveva già subito anni prima. C’è la comprensione per la sua rabbia verso i rapinatori che pochi istanti prima, sotto i suoi occhi, avevano vilmente legato la moglie. Ma tutto questo poteva giustificare una reazione anche violenta nel corso della rapina. Non l’inseguire e lo sparare alle spalle. « Almeno, hanno perso il vizio di venire a far rapine da queste parti », ho sentito dire da un signore che abita a poche centinaia di metri dai luoghi del fatto. È un sentimento non so quanto diffuso ma certo non isolato. Ma proprio qui sta l’importanza di affidare l’amministrazione della giustizia a donne e uomini che non devono farsi dominare dai sussulti dell’animo. Indignazione, sdegno, simpatia, antipatia, sono lussi che il magistrato non si può permettere. Altrimenti, tanto vale mettere l’imputato nelle mani della folla affinché scelga tra Gesù e Barabba. La storia insegna che la “volontà del popolo”, che investe i giudici senza alcun schermo, è quella che – come ci racconta Alessandro Manzoni nella Colonna infame – portò i giudici milanesi a condannare gli untori. I giudici di Asti ci hanno ricordato tutto questo. Qualunque siano i sentimenti che in noi ha suscitato questa tragica vicenda, dobbiamo essere grati a questi giudici. Che ve ne siano tanti, anche in futuro, capaci del loro semplice coraggio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: