L'incontro tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi ha prodotto la decisione di andare avanti con il governo, per verificare se, pur nelle angustie determinate dalle rotture all’interno del Popolo della libertà, sia possibile realizzare i punti del programma ridefiniti recentemente. Si tratta di una scelta pressoché obbligata, perché il mandato elettorale, al quale Bossi e Berlusconi si appellano costantemente, non conferisce solo il diritto, ma anche il dovere di governare, almeno finché ne sussistono le condizioni. Il punto politico principale ora diventa la capacità del centrodestra di assicurarsi un sostegno parlamentare sufficiente, il che implica un atteggiamento di apertura e di dialogo che superi le pretese (rivelatisi spesso illusorie) di autosufficienza del passato.Non si tratta in tutta evidenza di allargare qui e ora la compagine di governo a forze come l’Udc di Casini o l’Api di Rutelli – che peraltro non lo hanno mai chiesto e hanno anzi ricordato sempre il ruolo di opposizione loro assegnato dagli elettori – ma di cercare consenso o neutralità su singoli provvedimenti in quell’area dell’opposizione. L’Unione di centro e l’Alleanza per l’Italia considerano, infatti, prioritario l’interesse del Paese e non la «cacciata di Berlusconi», come dicono invece Antonio Di Pietro e Pierluigi Bersani. E la situazione del Paese, come aveva sottolineato il presidente della Repubblica, sarebbe messa a rischio da un vuoto di potere mentre continuano crisi economica e turbolenze dei mercati internazionali e ci sono da affrontare temi urgenti, compresa una ridefinizione delle relazioni industriali che eviti l’incancrenirsi di situazioni di muro contro muro come quella che si sta verificando alla Fiat di Melfi.Nei temi programmatici che saranno sottoposti alla verifica parlamentare c’è materia per cercare nuove convergenze. Il carattere concreto del federalismo, che Roberto Calderoli ha assicurato avrà caratteri coesivi e lo scopo di evitare inaccetabili processi di disgregazione, può essere articolato in modo da superare le diffidenze, non infondate, di chi ancora ne teme una deriva antiunitaria. La riforma fiscale, che ovviamente dovrà essere calibrata con intelligenza e tempismo, può aprire finalmente uno spazio per la ridefinizione del carico fiscale basato sulla famiglia e non sul solo reddito individuale. Queste due tematiche, il federalismo solidale e la promozione della famiglia, sarebbero un’attuazione di punti programmatici presentati agli elettori, non un cedimento a diktat interni o a richieste esterne alla maggioranza, ma una sottolineatura di aspetti sui quali si può ottenere un consenso più ampio.Certe insistenze, soprattutto della Lega ma anche di settori mediatici berlusconiani, che puntavano a elezioni immediate e quasi “punitive”, sembra siano state superate, almeno per ora, dalla consapevolezza della responsabilità che grava su chi ha il compito di governare. Si tratterà ora di vedere se le assicurazioni di lealtà al governo dei seguaci di Gianfranco Fini, che considerano una loro vittoria la rinuncia al ricorso immediato alle urne, si concretizzeranno in un comportamento parlamentare conseguente, oppure se si tradurranno in una sorta di guerriglia che renderebbe accidentato fino alla paralisi il percorso della legislatura.I due leader del centrodestra hanno lasciato aperta la prospettiva della governabilità, anche se forse un po’ a malincuore. Ma non dipende solo da loro se questo stretto sentiero si potrà davvero percorrere.