Caro direttore,
il vivace dibattito in corso sul rapporto fra cattolici e politica in Italia – tema che ha conosciuto una significativa ripresa in relazione ad autorevoli riflessioni del presidente della Cei, cardinale Bassetti, e al quale anche 'Avvenire' sta dando da tempo spazio – si è espresso con una serie di interessanti interventi, senza che tuttavia sia stato, a giudizio di chi scrive, messo a fuoco il problema centrale, e cioè quali sono le vie da percorrere per questa sorta di nuova 'discesa in campo'? Le molte e importanti prese di posizione che questo giornale ha registrato non hanno sciolto questi dubbi, e dunque pare non inutile riprendere i termini essenziali del problema.
Due sono le vie che i cattolici in passato hanno percorso – e che in futuro potranno percorrere – per dare il loro contributo al Paese-Italia: la via (seguita in una lunga stagione dall’Opera dei Congressi) del «pre-politico», e cioè dell’azione in campo sociale, con l’attivazione di cooperative, la costituzione di casse rurali, la nascita di organizzazioni sindacali di ispirazione cattolica, e via dicendo; e la via, per una breve stagione avviata dal Partito Popolare di don Luigi Sturzo e poi, con ben altra fortuna, ripresa dalla Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi, del partito politico di ispirazione cristiana. Questa scelta – nei nuovi scenari di inizio del XXI secolo – sta ancora dinanzi a noi ed è necessario, a nostro avviso, che i cattolici italiani che intendono impegnarsi nel sociale prendano la loro decisione: tenendo presente che, quando ci si orienti a una azione propriamente partitica, si propone il problema se disperdersi – a seconda dei propri riferimenti valoriali – oppure concentrarsi prevalentemente in un partito (non necessariamente di dichiarata ispirazione cristiana). Se si imbocca questa seconda strada – come personalmente riterrei opportuno – si pone e si porrà il problema di individuare la forza più vicina (o meno lontana) dai valori di cui i cattolici sono portatori, e lì combattere la battaglia per una buona politica a servizio del Paese e che tragga la sua ispirazione dalla Parola evangelica e dalla tradizione del cattolicesimo sociale. Né dovrebbe destare scandalo il fatto che dalla stessa ispirazione ideale possano nascere, sul piano della prassi politica, diverse scelte di campo sull’uno o sull’altro dei problemi che la società italiana deve affrontare: ferma restando, comunque, la fedeltà ad alcuni fondamentali valori etici (dal rispetto della vita, al riconoscimento dei diritti della famiglia, a una piena libertà religiosa, e così via).
Come operare questa non facile scelta? Ad avviso di chi scrive sarebbero auspicabili dei veri e propri 'Stati generali' del cattolicesimo italiano – sotto l’egida di autorevoli punti di riferimento e non mettendo in campo direttamente l’episcopato – quale potrebbe essere, secondo una proposta da me e da altri già avanzata, una Fondazione che dovrebbe costruire le basi ideali e culturali di una nuova presenza dei cattolici nella società italiana: luogo, auspicabilmente, di incontro di tutti i cattolici impegnati nel sociale, indipendentemente dalle diverse opzioni politiche. Ma, per dare un 'colpo d’ala' a una querelle che rischia di essere ripetitiva e stantia, occorre offrire uno sbocco a un dibattito che rischia altrimenti di essere condannato alla sterilità. Come dicevano gli antichi, Hic Rhodus, hic salta: oggi e qui sta il problema, oggi e qui dovrebbe essere cercata e trovata la sua soluzione.