martedì 22 settembre 2009
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Con la lucidità intellettuale e pastorale che gli è propria, il cardinal Bagnasco, nella prolusione al Consiglio permanente della Cei, applica alla realtà italiana gli insegnamenti che nella Caritas in Veritate il Papa ha rivolto a tutti gli uomini di buona volontà. Lo sviluppo economico-sociale è una «vocazione indomita e plenaria dell’uomo», che racchiude in sé il desiderio profondamente umano «di essere di più»: è per questo che quella dello sviluppo è una strada che consente l’incontro con Cristo. Attenzione, però: esso è autentico solo se integrale, solo se coinvolge tutto l’uomo e ogni uomo. Non è vero sviluppo quello di un mondo globalizzato nel quale la ricchezza cresce, ma aumentano in modo vertiginoso le disparità, economiche e non economiche, tra gli esseri umani. E li costringe alle migrazioni. Ecco perché lo sviluppo mette radicalmente in questione il mondo dell’economia e quello del sociale: l’economia deve riscoprire in se stessa come esigenze insopprimibili quelle della verità, della carità, del dono; il sociale deve superare la logica dell’individualismo libertario, riscoprire la centralità della famiglia e della solidarietà verso i deboli e i perseguitati e non banalizzare questioni (il presidente della Cei dedica un paragrafo ai problemi del «fine vita» e della pillola Ru486), nelle quali etica della vita ed etica sociale si intrecciano indissolubilmente.La prolusione ricorda la ricorrenza del 150° anniversario dell’unità d’Italia: un anniversario degno di attenzione, che deve alimentare «la cultura dello stare insieme»; nel contempo, però, essa prende atto, con sofferenza, di come l’Italia sembri ciclicamente attraversata da un «malessere tanto tenace quanto misterioso», che attiva risentimenti e lacerazioni. Spetta ai politici, nel loro impegno per realizzare il bene comune, gestire simili situazioni di sofferenza. Il loro ambito di operatività viene qualificato dal cardinale (in consonanza con il Papa e con una antica tradizione del pensiero politico cristiano) come un vero e proprio «campo di missione irrinunciabile e specifico»: è conseguente, quindi, l’invito rivolto ai giovani a impegnarsi non solo nel volontariato sociale, ma anche nella «politica vera e propria», assumendo come paradigmi di comportamento quelli della misura, della sobrietà, della disciplina, dell’onore: princìpi, ricorda Bagnasco, perfettamente delineati nell’articolo 54 della nostra Costituzione.La Chiesa, da parte sua, ribadisce con fermezza il cardinale, nell’indicare a tutti l’esigenza di riportare serenità nel Paese, non si esimerà mai dal dire pubblicamente ciò che essa ritiene giusto e doveroso dire. È un ammonimento, garbato, ma non per questo non esplicito, a tutti coloro che ritengono che la Chiesa – la nostra «Chiesa di popolo» – debba rinunciare all’annuncio pubblico del suo messaggio. Nel contempo, anche quando senta il dovere di proclamare verità «scomode», la Chiesa è sempre mossa dalla consapevolezza di essere amica di tutti gli uomini, proprio perché agisce esclusivamente per il loro bene: «La Chiesa non ha avversari». Affermazione forte e profonda, mi permetto di aggiungere, soprattutto in un contesto socio-politico, nel quale alcuni laicisti amano considerare la Chiesa non solo come un avversario, ma come quello simbolicamente più detestabile.Tra le verità «scomode» c’è senza dubbio anche la denuncia del nichilismo etico. Il cardinale nega che questa denuncia vada interpretata come se la Chiesa volesse qualificare come nichilisti tutti gli agnostici e gli atei, spesso portatori di una severa moralità laica. È però indubitabile che negare un fondamento trascendente all’etica incrina l’idea stessa di libertà, unico vero fondamento della morale e rende immane lo sforzo che accompagna qualsivoglia processo educativo. Parlare di Dio ai giovani non è stanca apologetica, ma il modo più rigoroso per portare alla loro attenzione il problema del senso della vita.In questa rapidissima lettura della prolusione, ho intenzionalmente lasciato alla fine una breve citazione sul suo incipit, nel quale il cardinale, con severa delicatezza, affronta una vicenda che i lettori di Avvenire conoscono bene. Sottolinea come attraverso il recentissimo attacco a Dino Boffo, «impegnato da anni a dar voce pubblica alla nostra comunità», tutti i cattolici siano in qualche modo stati colpiti. Questa vicenda deve essere primariamente interpretata nella logica del «per crucem ad lucem», incontrovertibile regola della vita cristiana e unica fonte di consolazione per chiunque sia colpito da un profondo – e immeritato – dolore. È l’ennesima prova che, quanto più i cristiani operano come luce e sale della terra, tanto più diventano «segno di contraddizione». Meditiamo tutti su questo punto.
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