La riforma del Concordato conclusa il 18 febbraio 1984 ha svolto una funzione che risalta di più a distanza di tempo, perché ha rinnovato il legame storico che unisce la Chiesa all’Italia, consegnando al passato polemiche e vecchi steccati ormai senza significato in una società che viveva l’epoca dei diritti umani. Ma la capacità riformatrice del Concordato del 1984 deriva anche dal fatto che ha dato origine ad una stagione di rinnovamento che ha cambiato il volto dei rapporti tra Stato e Chiese in Italia e in Europa. Il primo cambiamento ha riguardato il nostro Paese, dal momento che nel testo dell’accordo hanno trovato convergenza i principi della Costituzione e i valori del Concilio Vaticano II, e si è delineato un modello di relazioni che non prevede più privilegi ma diritti, eliminando condizionamenti reciproci ed affermando la volontà di Stato e Chiesa di lavorare per la promozione dell’uomo e il bene del Paese. Di qui hanno preso avvio le Intese con altre confessioni, anzitutto con la Tavola Valdese e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, promovendo il rispetto del pluralismo confessionale che nel frattempo trovava spazio nel dialogo interreligioso promosso da Giovanni Paolo II. L’accordo italiano del 1984 ha fatto scuola un po’ dovunque in Europa, perché da allora ad oggi lo strumento concordatario è stato adottato da molti Paesi dell’Est europeo che si sono riaffacciati alla democrazia, e ha influenzato la legislazione ecclesiastica di Stati che volevano recepire i principi di libertà religiosa e laicità dello Stato. Il dato numerico è impressionante perché oltre alla revisione di Concordati già esistenti ne sono stati stipulati diversi altri (se ne contano oggi più di 15) fino ad interessare la metà del continente europeo, in termini di Stati e popolazione. In Paesi come la Polonia e l’Ungheria, la Slovenia e la Croazia, Costituzione e Concordato sono divenuti segni di una riacquista libertà religiosa dopo la notte del comunismo. In altri, come Russia, Romania, Bulgaria, le Costituzioni e il riconoscimento del ruolo storico e sociale dell’Ortodossia cristiana hanno voltato pagina rispetto al passato di persecuzioni e ostilità antireligiose. L’attualità della riforma del 1984, inoltre, è confermata dal fatto che la maggior parte delle scelte normative compiute in Italia ha trovato rispondenza in altre legislazioni nazionali, al punto che si sta formando per la prima volta nella storia quasi un diritto comune europeo in materia di rapporti con le Chiese e una disciplina delle relazioni ecclesiastiche abbastanza omogenea. Basti pensare che in quasi tutti gli ordinamenti è oggi garantito l’insegnamento religioso nelle scuole, concepito in modo da lasciare libera scelta alle famiglie e ai ragazzi, e che esso è stato reintrodotto in Paesi come la Romania, la Polonia, la Russia, la Slovacchia e i Paesi baltici, dove prima esisteva solo una opprimente campagna ateistica. Un po’ dovunque sono previsti finanziamenti per le Chiese e le loro attività sociali, e quasi dappertutto le strutture religiose svolgono importanti compiti di supplenza negli ambiti dell’assistenza, della scuola, del sostegno agli emarginati. Anche la Francia, rimasta a lungo legata ad una visione laicista, sta vivendo una interessante evoluzione che ha trovato eco nelle parole rivolte da Nikolas Sarkozy a Benedetto XVI in occasione del suo viaggio a Parigi, quando ha ricordato le profonde radici cristiane della storia e della società francese, e ha sottolineato che la Repubblica «ha bisogno di uomini che credono e che sperano ». Quasi evocando gli esiti della secolarizzazione, Sarkozy ha richiamato il ruolo della fede in una società che non può essere svuotata di valori ideali ed etici. Il Concordato e le Intese, però, non sono fine a se stesse. Il processo riformatore che esse hanno avviato deve essere portato a compimento anche promovendo i diritti degli immigrati e delle loro comunità, che si trovano non di rado in una condizione disagiata, dal punto di vista civile e religioso. Oggi è necessario che lo Stato, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e della nostra tradizione e escludendo gruppi o movimenti fondamentalisti, si impegni perché alle confessioni che vengono da altre esperienze sia fatta una condizione giuridica giusta e adeguata. Garantire la libertà religiosa a tutti costituisce una delle condizioni perché le Chiese cristiane, in primo luogo i cattolici e gli ortodossi, possano riproporre all’Europa che si va unificando quel messaggio spirituale che ha valenza universale e che vede nel rispetto del diritto alla vita e dei diritti umani, nella solidarietà per i più deboli, il cuore di una identità capace di parlare a tutto il mondo.