Lo choc è comprensibile, la paura di non avere alternative può generare disperazione e rabbia. Ma non saranno mai la violenza, il vandalismo più o meno organizzato (e magari infiltrato), lo scontro con le forze dell’ordine a poter creare le condizioni per affrontare in maniera utile la drammatica crisi della cantieristica. La forza da mettere in campo, da una parte e dall’altra, è quella della responsabilità. Ci sono almeno 2.500 famiglie il cui futuro va salvaguardato come bene primario. C’è un patrimonio produttivo da difendere, ristrutturando con intelligenza. Per farlo non c’è altra possibilità che un confronto serio e senza pregiudiziali tra governo, azienda e sindacati. Per il bene di ciascuno e di tutti.