Che fumare cannabis comporti rischi per la salute è noto e chiaro nel mondo medico. Proprio mentre in Italia 218 parlamentari pensano di raccogliere applausi proponendo la liberalizzazione delle droghe “leggere”, i numeri di luglio di autorevoli riviste mediche come “La presse medicale” di Parigi e l’“Irish Journal of Medical Sciences” di Dublino rilanciano l’allarme: la prima sui problemi da dipendenza, il cosiddetto
cannabis use disorder, classificato nei manuali di psichiatria come condizione che richiede un trattamento specifico; il secondo sulla scarsa consapevolezza dei giovani verso i rischi polmonari, mentali, di attenzione e di sviluppo cognitivo che provoca il fumo di marijuana. Crediamo che l’idea stessa di liberalizzare faccia passare il concetto che “non fa male”, come mostra l’aumento di fruitori di cannabis dopo il via libera in Colorado. Una riflessione significativa è arrivata di recente da Sharon Levy, responsabile del Comitato sulle sostanze da abuso dell’American
Academy of Pediatrics: «È vero che non abbiamo ancora dati che documentino danni sulla salute dei bambini come effetto della legalizzazione di marijuana a Washington e in Colorado – ha dichiarato –, ma ci sono volute molte generazioni, milioni di vite e miliardi di dollari per chiarire i danni dell’uso di tabacco sulla salute, anche se essi sono terribili. Non dobbiamo considerare la marijuana “innocente fino a prova contraria”, visto quello che già conosciamo sui danni agli adolescenti». L’Academy
of Pediatrics, infatti, si è sempre opposta alla liberalizzazione della cannabis per le evidenze di rischi sulla salute dei ragazzi. Se i suddetti parlamentari volessero poi informarsi meglio, basterebbe loro visitare il sito della prestigiosa Mayo Clinic (organizzazione con più di 70 ospedali e cliniche in Usa, tra cui la Mayo Medical School) per trovare l’elenco dei danni e dei rischi che la marijuana provoca. Insomma, il fatto che sia diffusa non vuol dire che non faccia male: anche altre droghe sono molto usate, forse dobbiamo temere che questo sia il primo passo verso l’apertura di qualunque mercato? Liberalizzare fa passare per forza di cose l’idea che “non fa male”, un effetto reso ancor più grave dal fatto che non si è minimamente sentito parlare di contestuali campagne sociali preventive per mettere in guardia la popolazione da una simile e rischiosa novità. È proprio questa corsa alla liberalizzazione non bilanciata da alcuna forma di prevenzione a mettere in allarme per la possibilità che, una volta aperte le porte, la marijuana sembri poco più che zucchero filato. Un’importante revisione della letteratura scientifica è stata pubblicata in aprile dallo psichiatra Abhishek Gosh. Oltre che sui noti rischi di insorgenza di fenomeni psicotici dovuti in taluni soggetti dall’uso di marijuana, l’autore si sofferma su due punti importanti: la marijuana può dare effetti di dipendenza e crisi di astinenza, cioè una grave difficoltà a smettere e crisi patologiche quando se ne sospende di colpo l’assunzione, se è stata assunta per lunghi periodi. Gosh, inoltre, spiega efficacemente le pericolose ricadute sulla capacità di apprendimento legate sia all’assunzione di lunga durata della cannabis come anche a un uso più di breve periodo, come già mostrato dalla psicologa Janice Bartolomiew che spiegò come la cannabis provochi alterazioni della memoria anche a lungo termine. Anche questo dovrebbero tener presente quanti dicono che basta poco tempo per far passare gli effetti della “canna”. Se ancora queste prove non bastano, sarebbe infine utile chiedere all’American
Lung Association, che si batte per prevenire danni respiratori, gli effetti della marijuana sull’alterazione del respiro e del sistema immunitario, con rischi di danni polmonari cronici. Forse un po’ più di informazione e di riflessione prima di parlare e firmare progetti di legge farebbe bene a chi discetta di cose che possono alterare la salute soprattutto dei giovani.