sabato 24 gennaio 2009
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C’è un continente ancora da evangelizzare, ma non cercatelo sulle mappe geografiche. Le sue coordinate sono nel mondo virtuale, dentro l’immaterialità brulicante di vita del cyberspazio. Ci fosse san Paolo, probabilmente scioglierebbe le vele per prendere le misure a Internet e seminarvi il Vangelo con tutta la forza e l’intelligenza dell’a­postolo allergico ai complessi d’inferiorità e pron­to a esplorare le reti sociali che oggi spopolano sul Web, potenti magneti che attraggono milioni di persone e generano nuove forme di rapporti uma­ni. Ma i giovani cui Benedetto XVI anzitutto consegna il suo messaggio per la Giornata mondiale delle co­municazioni sociali, in calendario a fine maggio, non devono temere il confronto con l’Apostolo del­le genti. Non di certo se prenderanno sul serio le pa­role con le quali il Papa li lancia in un’impresa de­gna della Chiesa delle origini: «A voi, che quasi spon­taneamente vi trovate in sintonia con questi nuo­vi mezzi di comunicazione – gli scrive –, spetta in particolare il compito di evangelizzazione di que­sto 'continente digitale'». È in un simile mondo i­nesplorato e in piena espansione che Pietro man­da i giovani «a portare la testimonianza della loro fede», proponendogli di «introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e infor­mativo i valori su cui poggia la vostra vita». All’orizzonte dell’impresa c’è lo sconfinato retico­lo di siti che costituisce il territorio originario di In­ternet, ma che viene ora affiancato e surclassato per popolarità e immediatezza di linguaggi dal fe­nomeno dilagante dei 'social network', le nuove re­gioni appena colonizzate sulle quali si affolla l’u­manità connessa e palesemente ansiosa di condi­videre con altri una porzione pur piccola della pro­pria vita. Un grido di solitudine tradotto in bit? Con lucida percezione delle cose che stanno accaden­do in rete, Benedetto legge questo prorompente sviluppo di Internet – che i massmediologi hanno catalogato con l’etichetta informatica di Web 2.0 – come il tracimare di un’esigenza profonda, conna­turata all’uomo. Il «bisogno di avvicinarsi ad altre persone»» – chia­ve dell’Internet 'sociale' – altro non è se non un «ri­flesso della nostra partecipazione al comunicativo e unificante amore di Dio, che vuol fare dell’uma­nità un’unica famiglia». Nel linguaggio del cristia­no, la connessione non è solo un passaggio di im­pulsi elettrici ma un «desiderio» e la comunicazio­ne un «istinto», entrambi «manifestazioni moder­ne della fondamentale e costante propensione de­gli esseri umani ad andare oltre se stessi per entra­re in rapporto con gli altri», e diventare così «più pie­namente umani». Ecco il manifesto di un’antropologia dell’era digi­tale che legge la tecnologia come risposta a un’at­tesa, sofisticato calco di un’era dove l’'utente' e il 'consumatore' non ne possono più di venir trat­tati da strumenti e tornano a essere persone capa­ci di scelte, di amicizie, di identità non dissimula­te. Donne e uomini nostalgici del vero e del bene che desiderano di scovare, nascosto forse tra le pie­ghe del Web. L’umanità online affolla le reti sociali cercando se stessa, e in questo viaggio deve poter incontrare u­no spiraglio aperto verso il cielo grazie all’inaspet­tato incontro con rapporti all’insegna «del rispet­to, del dialogo, dell’amicizia», secondo le parole del Papa. No, da oggi in poi aggiornare la propria ba­checa personale su Facebook, inserire un com­mento su un blog, caricare un video su YouTube – magari incrociando il canale vaticano aperto pro­prio ieri – non sarà la stessa cosa. Definire le 'tec­nologie della relazione' come un «vero dono per l’u­manità » – pur con tutte le avvertenze dettate da un’«approfondita conoscenza» e da un «adeguato utilizzo» – vuol dire infatti capovolgere il computer e usarlo per creare comunità anziché trincee di so­litudine tecnologica, toccando «le menti e i cuori» di chi abita il mondo virtuale. Il sesto continente dell’evangelizzazione è lì, un clic e si attracca. Sta aspettando esploratori con il co­raggio dei primi cristiani.
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