sabato 4 luglio 2009
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Sarebbe fin troppo facile (e anche un po’ provinciale) tirare da una parte o dall’altra l’ampia e non rituale intervista che Barack Obama ha concesso a un ri­strettissimo gruppo di testate, compresi Avvenire e Radio Vaticana , alla vigilia del­la sua visita dal Papa. Non si può tuttavia sottovalutare l’importanza dei contenu­ti espressi dal capo della Casa Bianca, so­prattutto in tema di rilevanza pubblica della religione e in materia di bioetica. Cristiano (non cattolico), il presidente a­mericano ha tentato di smussare gli an­goli che hanno certamente caratterizza­to i suoi primi sei mesi nei rapporti con l’episcopato del proprio Paese e con i fe­deli preoccupati della difesa della vita fin dal concepimento. Eppure, nell’indub­bia distanza di posizioni che non ha po­tuto, né voluto, occultare sulla 'libera scelta' riguardo l’aborto e sulla ricerca con cellule staminali embrionali, Obama ha indicato un atteggiamento di ascolto e di dialogo che merita di essere sottoli­neato. «Non ci sarà mai un momento in cui deciderò di ignorare le critiche dei ve­scovi cattolici – ha detto rispondendo a e­splicita domanda –, perché sono il presi­dente di tutti gli americani e non solo di quelli che, per caso, sono d’accordo con me. Prendo molto seriamente le opinio­ni altrui, e i vescovi americani hanno u­na profonda influenza sulla comunità na­zionale». In un Paese che stabilisce una netta se­parazione tra Stato e Chiesa e in cui i cat­tolici sono stati per lunghissimo tempo minoranza politicamente ostracizzata – a Kennedy si chiedeva se sarebbe stato più fedele al Papa o alla Costituzione – è un’affermazione non così scontata (nem­meno in Italia, verrebbe da dire, stante le ricorrenti accuse di ingerenza rivolte al­la Chiesa). Non si può però dimenticare che il cristiano riformato Bush fu nei fat­ti più vicino alle posizione cattoliche di quanto s’annuncia essere l’attuale presi­dente, il quale d’altra parte ha manife­stato il desiderio di avviare una collabo­razione fattiva e speciale con la Santa Se­de su «pace in Medio Oriente, lotta alla povertà, cambiamenti climatici e immi­grazione », ovvero le grandi sfide della no­stra epoca. L’attenzione ai più deboli è una delle prio­rità che Obama dice di aver accolto dal­la sensibilità cattolica insieme alla mo­glie Michelle, con la quale discute, e ne ri­ferisce in pubblico come argomento rile­vante, quale chiesa, e di quale denomi­nazione, frequentare per la funzione do­menicale. A dimostrazione che tutto ciò non intacca la laicità di un leader che ha il dovere di rappresentare l’intera nazio­ne. Un leader che racconta di ricevere o­gni mattina in posta elettronica una «ri­flessione devozionale», versione tecno­logica della tradizione religiosa che ac­comuna la gran parte dei presidenti de­gli Stati Uniti. Non si è però nascosto, il capo della Ca­sa Bianca, quando è stato chiamato ad affrontare il tema delle coppie omoses­suali. Ha avuto parole assai severe verso la Chiesa (certamente ingenerose per l’oggi), e ha fatto intendere che dall’A­merica nei prossimi anni arriverà un ven­to di apertura al riconoscimento di tali u­nioni, opposto all’orientamento del­l’Amministrazione precedente. Da verifi­care, infine, sarà l’impegno assunto nel ripristinare ampia facoltà di obiezione di coscienza per gli operatori sanitari. Dietro l’equilibrata diplomazia di un lea­der carismatico desideroso di consenso, Barack Obama non ha cercato alibi in u­na presunta diversità d’accenti tra epi­scopato nazionale e Benedetto XVI fatta balenare da qualcuno in passato. Senza troppi infingimenti, il presidente ha det­to ciò che presumibilmente ci si deve a­spettare dal suo potere di indirizzo e di de­cisione. Qualcosa piacerà, altro non po­trà che trovare la disapprovazione della Chiesa e di molti cattolici. In ogni caso, a­ver avuto l’opportunità di fornirne un re­soconto di prima mano ci sembra una pagina significativa del servizio che Av­venire vuole rendere ai suoi lettori e all’o­pinione pubblica italiana.
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