Sarebbe fin troppo facile (e anche un po’ provinciale) tirare da una parte o dall’altra l’ampia e non rituale intervista che Barack Obama ha concesso a un ristrettissimo gruppo di testate, compresi Avvenire e Radio Vaticana , alla vigilia della sua visita dal Papa. Non si può tuttavia sottovalutare l’importanza dei contenuti espressi dal capo della Casa Bianca, soprattutto in tema di rilevanza pubblica della religione e in materia di bioetica. Cristiano (non cattolico), il presidente americano ha tentato di smussare gli angoli che hanno certamente caratterizzato i suoi primi sei mesi nei rapporti con l’episcopato del proprio Paese e con i fedeli preoccupati della difesa della vita fin dal concepimento. Eppure, nell’indubbia distanza di posizioni che non ha potuto, né voluto, occultare sulla 'libera scelta' riguardo l’aborto e sulla ricerca con cellule staminali embrionali, Obama ha indicato un atteggiamento di ascolto e di dialogo che merita di essere sottolineato. «Non ci sarà mai un momento in cui deciderò di ignorare le critiche dei vescovi cattolici – ha detto rispondendo a esplicita domanda –, perché sono il presidente di tutti gli americani e non solo di quelli che, per caso, sono d’accordo con me. Prendo molto seriamente le opinioni altrui, e i vescovi americani hanno una profonda influenza sulla comunità nazionale». In un Paese che stabilisce una netta separazione tra Stato e Chiesa e in cui i cattolici sono stati per lunghissimo tempo minoranza politicamente ostracizzata – a Kennedy si chiedeva se sarebbe stato più fedele al Papa o alla Costituzione – è un’affermazione non così scontata (nemmeno in Italia, verrebbe da dire, stante le ricorrenti accuse di ingerenza rivolte alla Chiesa). Non si può però dimenticare che il cristiano riformato Bush fu nei fatti più vicino alle posizione cattoliche di quanto s’annuncia essere l’attuale presidente, il quale d’altra parte ha manifestato il desiderio di avviare una collaborazione fattiva e speciale con la Santa Sede su «pace in Medio Oriente, lotta alla povertà, cambiamenti climatici e immigrazione », ovvero le grandi sfide della nostra epoca. L’attenzione ai più deboli è una delle priorità che Obama dice di aver accolto dalla sensibilità cattolica insieme alla moglie Michelle, con la quale discute, e ne riferisce in pubblico come argomento rilevante, quale chiesa, e di quale denominazione, frequentare per la funzione domenicale. A dimostrazione che tutto ciò non intacca la laicità di un leader che ha il dovere di rappresentare l’intera nazione. Un leader che racconta di ricevere ogni mattina in posta elettronica una «riflessione devozionale», versione tecnologica della tradizione religiosa che accomuna la gran parte dei presidenti degli Stati Uniti. Non si è però nascosto, il capo della Casa Bianca, quando è stato chiamato ad affrontare il tema delle coppie omosessuali. Ha avuto parole assai severe verso la Chiesa (certamente ingenerose per l’oggi), e ha fatto intendere che dall’America nei prossimi anni arriverà un vento di apertura al riconoscimento di tali unioni, opposto all’orientamento dell’Amministrazione precedente. Da verificare, infine, sarà l’impegno assunto nel ripristinare ampia facoltà di obiezione di coscienza per gli operatori sanitari. Dietro l’equilibrata diplomazia di un leader carismatico desideroso di consenso, Barack Obama non ha cercato alibi in una presunta diversità d’accenti tra episcopato nazionale e Benedetto XVI fatta balenare da qualcuno in passato. Senza troppi infingimenti, il presidente ha detto ciò che presumibilmente ci si deve aspettare dal suo potere di indirizzo e di decisione. Qualcosa piacerà, altro non potrà che trovare la disapprovazione della Chiesa e di molti cattolici. In ogni caso, aver avuto l’opportunità di fornirne un resoconto di prima mano ci sembra una pagina significativa del servizio che Avvenire vuole rendere ai suoi lettori e all’opinione pubblica italiana.