«Oggi che anche il quotidiano dei vescovi
Avvenire ha aperto il dibattito su sacerdozio e omosessualità, padre Felice può rivelare tranquillamente di essere un prete gay»: con questo incipit, abbastanza allucinante, collocato niente meno che in prima pagina, Il Secolo XIX ha introdotto ieri a caratteri cubitali, quasi non ci fossero notizie del giorno più importanti, la testimonianza – vera? inventata? – di un sacerdote che racconta le sue vicissitudini sul fronte della castità, dimensione connaturale al ministero che egli esercita. Nel catenaccio del titolone di testata, il giornale ligure giustifica un’attenzione così generosa alle scelte singolari del sacerdote col fatto che la presunta confidenza veniva «dopo la svolta di Avvenire». Svolta? Ma quale svolta, signori? Ora, ciascuno può inventare le confessioni che crede (e i lettori diffidino delle interviste anonime), e ogni direttore di giornale può mettere in pagina il menù editoriale che ritiene più confacente alla propria impostazione culturale e a quelli che è convinto, spesso a torto, siano i gusti dei lettori. Ciò che, per regole di civiltà, non sarebbe consentito è strumentalizzare altri, è appoggiarsi artatamente «a terzi » per sostenere le proprie battaglie ideologiche e anticlericali. La puntata numero 48 del «viaggio attorno al prete» del professor Vittorino Andreoli, pubblicata su Avvenire di mercoledì 7 gennaio, era impeccabile quanto a equilibrio e rispetto dell’impostazione che la Chiesa cattolica ha dato al problema dell’omosessualità al suo interno. Semplicemente non c’erano, nel lessico pur franco dello psicanalista Andreoli, accenti di inutile crudeltà. Ebbene, approfittare di questo, per attribuire al giornale cattolico il contrario di quanto normalmente sostiene e di ciò che ha argomentato anche nella presente circostanza, è un’operazione indegna. Verrebbe da dire squallida, e che richiama – per l’intreccio tra elementi biografici e surreale linea «politica» – i vizi della propaganda in voga nei regimi oscuri di altre epoche. Meglio: è un’ulteriore prova del banalismo e della superficialità arrogante che circolano oggi in talune imprese editoriali. E poi chiedono una Chiesa meno assediata: meriterebbero solo il mite sorriso dell’indifferenza. Anche dei lettori. (
db)
Ps. 1. Qualcosa di analogo, seppure con stilemi meno paradossali, si è letto ieri anche sul quotidiano
la Repubblica: ovvio che valgano per il giornale diretto da Ezio Mauro le considerazioni sopra formulate, con qualcosa in più, proporzionato al peso di questa testata nell’opinione pubblica nazionale, e al ruolo – giusto? esagerato? – di pivot ad essa assegnato dalle testate minori e da tanti giornalisti complessati che circolano nelle piccole redazioni.
Ps. 2. Sempre ieri, un’altra perla: su un’agenzia gossipara veniva sparata una serie di cavolate immense, e senza alcunissimo fondamento, sul conto di un regista, Pupi Avati, meritevole invece della miglior stima e con il quale noi, a Sat2000, collaboriamo con grande soddisfazione. Collaboriamo e collaboreremo.