sabato 28 febbraio 2009
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olo ai funghi è concesso di crescere in una notte... come funghi. Certe tragedie, in genere, sono ampiamente previste. A Napoli, un dodicenne è stato violentato da un uomo in una brutta zona della ferrovia, nel quartiere Arenaccia. Nella stessa zona, alla vigilia di Natale, un operaio diretto in Lucania venne ucciso per una rapina. Immaginare un ragazzino tra le grinfie di un uomo, certamente ubriaco – quell’uomo, Pasquale Modestino, era quasi sempre ubriaco –, in balia di istinti che lo sopraffacevano, è un pensiero insopportabile. Il luogo è squallido, un sottopassaggio sporco, pericoloso, da cui sale un tanfo di orine e di uova marce, tra topi ed escrementi, nel cuore di Napoli. Un covo per tossicodipendenti e spacciatori, maniaci sessuali e rapinatori. A chi è affidata la manutenzione, la vigilanza di queste trappole, pericoli pubblici per donne e bambini? Un primo esame di coscienza da parte dei responsabili della cosa pubblica sembra imporsi. L’assalitore non è sbucato fuori come un fungo. Persona strana, problematica, con alle spalle tristi storie familiari di degrado e promiscuità. In questi giorni in tanti giurano di avere notato qualcosa in lui che non andava. Piccoli segni, piccole stranezze che avrebbero dovuto richiamare l’attenzione dei genitori e degli insegnanti, dei vigili urbani e dei passanti. I bambini dell’Arenaccia dicono di averlo notato diverse volte intento ad adescarli servendosi del nipotino. Una domanda si impone: quando un uomo, anziano, mostra attenzione per i giovanissimi, ne frequenta furtivamente l’ambiente, cercando di richiamarne l’attenzione, non dovrebbe far scattare un atteggiamento di sospetto e di prudenza da parte di chi dei minori è responsabile? Ben vengano indignazione e proteste, slogan e fiaccolate antipedofile, ma il problema resta. Come fare perché a nessun bimbo, domani, possa capitare l’atroce esperienza del dodicenne napoletano? Cosa fare per isolare, curare, reintegrare un essere umano che sente nella sua carne il morso velenoso di questa tarantola che lo tiene prigioniero e lo spinge ad atti che rovineranno il resto della vita a lui e alle sue vittime? L’assalitore sarà processato e incarcerato. Qualche ingenuo griderà che giustizia è fatta. Napoli si libererà di lui come di un appestato, ma non è detto che, poi, possa dormire sonni tranquilli, perché di questa gente ce n’è tanta in giro. Tipi patologicamente depravati, malati, chiusi nel loro carcere di fantasie erotiche, incapaci di gestire una sessualità sempre più sotto minaccia. Una sessualità bombardata, aggredita, stimolata all’inverosimile e poi lasciata a se stessa. La zona della ferrovia pullula di cinema a luci rosse che richiamano – tutti lo sanno – strani personaggi, pronti a qualsiasi incontro. Spero che dopo aver gridato, dopo aver smaltito la rabbia e il dolore, le nostre città non mettano l’animo in pace. Comprendano tutti che la difesa e l’educazione dei nostri bambini è la prima vera emergenza. C’è bisogno di più complicità tra istituzioni e famiglie, famiglie e parrocchie. Senza creare allarmismi, ma senza eccessive ingenuità, guardandoci negli occhi e chiamando ogni cosa con il giusto nome. Valorizzando chi negli anni si è guadagnato sul campo di battaglia qualche medaglia e sapendo di chi ci si può fidare. Non dando retta a chi viene, la spara grossa, si fa un po’ di pubblicità e poi scompare, per riemergere alla prossima puntata. Chiedendo ai servizi sociali di essere più presenti e più efficaci e pretendendo risposte da chi un giorno ha chiesto fiducia per governare la città. Si, spero proprio che gli animi restino in sospeso dopo questa tristissima vicenda. Gli animi di tutti, a cominciare dal mio, perché Pasquale Modestino, anche se da lontano, è stato per anni mio parrocchiano.
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