Si è compiuto un piccolo ma concreto passo avanti verso la scoperta e l’acquisizione del vero significato della paternità per gli uomini italiani. Qualche giorno fa una sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Firenze ha infatti stabilito che l’uomo può usufruire di 5 mesi di congedo di paternità, due dei quali possono (su richiesta) essere antecedenti la nascita, qualora la madre sia casalinga, lavoratrice autonoma o comunque non possa usufruire del congedo. A differenza di quanto stabilito dal Testo Unico del 2001, viene così parificato il periodo di congedo riconosciuto a madri e padri. La decisione fiorentina è importante perché amplia in modo non irrisorio il diritto dei genitori (e del bimbo) di godere pienamente di una delle fasi più delicate della vita, concedendo loro un tempo prezioso per confrontarsi con l’arrivo del figlio. Al fondo, l’idea riflette un indirizzo già avviato: mentre in passato il periodo di maternità era inteso come strumento a tutela della salute materna, oggi invece se ne è ampliata la portata, leggendolo anche come volto a salvaguardare il benessere del nato. La presenza fisica del padre nella fase finale di gestazione e nei primi mesi di vita risulta, infatti, una scelta di cui beneficiano non solo la donna, ma anche il piccolo e lo stesso padre.Sia chiaro: la pronuncia (che non ha avuto grande risalto sulla stampa) non cambierà le cose. Presentati come un importante strumento di effettivo miglioramento sociale, i congedi di paternità vengono utilizzati ben poco dai padri italiani. Come scrisse ironicamente Beppe Severgnini, «i maschi italiani hanno capito che lavorare in ufficio è più riposante che spupazzarsi il neonato. È dura prendersi un congedo e fare il genitore a tempo pieno».In altri Paesi europei, è diffuso anche un altro tipo di congedo paterno, una sorta di congedo-lampo: alcuni giorni (il numero varia da Stato a Stato) di riposo retribuito concessi subito dopo il parto per stare vicino al neonato e alla madre. Se ne avvalse nel 2000 l’allora premier Tony Blair, alla nascita del quarto figlio Leo (2 settimane), così come il ministro finlandese Kjell Magne Bondevik per la seconda figlia, mentre nell’ottobre 2007 ne approfittò il 41enne ministro degli Esteri britannico David Miliband, a seguito dell’adozione del piccolo Jacob.A prescindere dal versante economico della questione, che pure ha un peso notevole, v’è ancora un notevole problema culturale negli uomini. Essere padre non è sempre percepito come un aspetto centrale dell’identità maschile, come avviene, invece, sul versante femminile con l’essere madre. Il che, ovviamente, non è privo di conseguenze, avviando un circolo vizioso: quanto più i padri non rendono concreto il loro ruolo, lasciando tutta la "faccenda" nelle mani materne, tanto più risulta spiegabile il fatto che, nei dolorosi casi di rottura della coppia, i giudici tendano ad affidare i figli alle donne. O che l’aborto continui a essere percepito come dramma e scelta esclusivamente femminili.Al di là del Dna e malgrado cominci timidamente ad affermarsi l’idea che il bambino abbia bisogno anche della presenza paterna, la convinzione più diffusa è, infatti, ancora largamente quella che il ruolo di padre sia secondario. Oltre che sul piano concreto, la decisione di Firenze risulta così importante a livello simbolico. Siamo tutti nati da una donna e da un uomo.