In alcuni comuni italiani la mensa scolastica costa molto, in altri molto poco. In alcuni comuni sono previsti sconti per i pasti del secondo o del terzo figlio, in altri no. In alcuni comuni le tariffe sono scontate solo per i poveri, in altri seguono le dichiarazioni Isee dividendo le famiglie in più e più fasce. In alcuni comuni i bambini le cui famiglie non pagano la retta ricevono comunque il pasto, in altri no. In alcune scuole le famiglie che lo chiedono possono far portare ai figli il pasto da casa, in altre no. In alcune scuole le famiglie possono ritirare i bambini e farli pranzare a casa, in altre no. Entrare nel mondo delle mense scolastiche è come avventurarsi in una giungla: città che vai, regola (e tariffa) che trovi. I criteri e le aliquote della Tasi o dell’Imu, al confronto, sembrano il grigio e monotono risultato di una pianificazione centrale. Ma al quadro variopinto e poco equo delle mense scolastiche italiane mancava un’ultima pennellata: quella del pasto differenziato a seconda di quanto si paga. A colmare la lacuna ci ha pensato il comune di Pomezia, guidato da un sindaco a 5 Stelle: il pasto costa 4 euro, ma chi paga 4,40 ha diritto alla merendina. Due tariffe, due menù. Le critiche, a tre giorni dalle elezioni, non potevano che detonare ed elevarsi al livello di scontro politico nazionale. L’iniziativa, in realtà, ha semplicemente seguito il criterio della libertà di scelta: si può decidere se portare la merendina da casa, pagare per avere quella della mensa, oppure non far mangiare dolci a scuola ai figli. Non fa una piega. Ma c’è da riflettere. Ad esempio su quanto sia possibile assicurare ai bambini un contesto di uguaglianza quando spesso sono proprio le famiglie, dai gadget alle scelte alimentari, a voler marcare le differenze. E dunque se sia giusto che anche la scuola debba offrire essa stessa occasioni per tracciare ulteriori confini. Sarebbe meglio di no. Come sarebbe utile che ogni forza politica verificasse come si comportano i propri sindaci prima di puntare il dito sulla mensa altrui. Tutto ci ricorda come sia difficile far accettare l’idea che una comunità possa anche farsi carico del pasto dei suoi bambini. Cessando di considerarli sempre una voce di costo, e di azzuffarsi per questo alle loro spalle.