giovedì 7 agosto 2014
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Il Pil peggiore degli ultimi quattordici anni e Francesco Schettino che commenta davanti a un gruppo di studenti dell’università La Sapienza una «ricostruzione dell’evento critico della Costa Concordia con l’aiuto della grafica in 3d». La recessione economica da una parte, la recessione culturale dall’altra. Incubo di una giornata di mezza estate (il Bardo ci perdoni) per la nostra Italia, che sembra davvero aver toccato il fondo, incagliata nelle secche di una crisi economica tremenda e in quelle morali di certe iniziative sventurate. Il nuovo caso che vede protagonista l’ex-comandante della Concordia ha suscitato subito clamore e indignazione. E meno male: significa che (ancora) non ci siamo abituati. Che non ci sembra normale confondere il famigerato con il famoso, l’anti-eroe con l’eroe, la Patria con il teatrino dei burattini. I responsabili dell’episodio, il docente che ha ospitato l’intervento di Schettino e quest’ultimo per bocca del suo legale, hanno cercato di minimizzare e si sono spinti a definire «inutili» le polemiche. L’avvocato ha perfino lamentato un «linciaggio mediatico» nei confronti del suo assistito. Ci permettiamo di dargli un consiglio: per evitare di dover vergare simili dichiarazioni, lo convinca ad attendere in silenzio e in privato il verdetto che lo vede imputato a Grosseto per i reati gravissimi di omicidio colposo plurimo (32 morti), lesioni colpose, naufragio, abbandono di nave. Abbandono di nave, il massimo disonore che la marineria preveda. Ma chi confonde il famigerato con il famoso forse non distingue l’onore dal disonore.Nessuno, sia chiaro, può e deve mettere in dubbio le garanzie processuali dell’ex-comandante e le sentenze le lasciamo, come giusto e doveroso, ai giudici. Però, diamine, chiamiamo almeno le cose con il loro nome. Primo: il naufragio della Concordia fu una catastrofe, non «un evento critico» come recitava la locandina del seminario organizzato alla Sapienza nell’ambito di un master in criminologia forense. Una catastrofe nel peggiore «3d» che l’umanità conosca, quello della realtà. Secondo: conta poco che l’incontro non si sia svolto all’interno della città universitaria ma alla Casa dell’Aviatore (anzi, a livello evocativo è anche peggio...) e che «il Comandante Francesco Schettino» (così nella locandina) non abbia tenuto una vera e propria lezione ma abbia parlato pochi minuti. Non a caso, il rettore Luigi Frati ha condannato l’accaduto e preso provvedimenti. Del resto, sarebbe stato incomprensibile se la dirigenza dell’ateneo dove nel 2008 fu impedito di parlare a Benedetto XVI - in nome di un’interpretazione tutta ideologica della laicità dello Stato - avesse in questo caso lasciato correre senza conseguenze questo nuovo colpo alla dignità e alla credibilità dello Stato. Già, perché tra tutte le giustificazioni fornite ne manca una: quale effettiva utilità per lo studente possono avere le considerazioni di Schettino sul tema «Dalla scena del crimine al profiling»? Pare, addirittura, che abbia spiegato come gestire le situazioni di panico, lui che nella terribile notte dell’Isola del Giglio fu letteralmente costretto dal capitano di fregata Gregorio De Falco delle Capitanerie di Porto a tornare a bordo della nave che stava affondando. Proprio De Falco resta la personificazione di un’Italia che, malgrado tutto, non si rassegna al peggio. E pazienza se non sarà mai chiamato a parlare all’università.
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