Dai dati Svimez divulgati ieri emerge che il Sud d’Italia continua a sprofondare in una "trappola di povertà" molto grave. Investimenti, consumi e occupazione in calo, in un circolo vizioso dal quale sembra molto difficile uscire. E a farne le spese sono soprattutto giovani e donne. A tutto ciò è legato un calo demografico senza pari, e il tasso di occupazione femminile e la vitalità demografica sono strettamente correlati: più donne lavorano, più figli nascono. Sono dati drammatici, e dietro le fredde cifre ci sono storie, volti e persone che non possono lasciarci indifferenti. Soprattutto ci sono i poveri, quelli che più soffrono quando i dati economici peggiorano. Ma ci sono anche grandi responsabilità, in particolare da parte della politica e delle istituzioni pubbliche. Non possiamo negare che il Sud soffre di un deficit strutturale e di mancanza di grandi investimenti. L’alta velocità finisce a Salerno, e per andare da Brindisi a Catania in treno si impiegano 24 ore con 7 cambi. Questo deficit va colmato al più presto, e deve rappresentare la priorità nelle agende politiche. Ogni comparazione tra le regioni italiane è fuorviante se non si tengono in considerazione questi fattori infrastrutturali: le corse sono eque quando tutti partono dalla stessa linea. Ma c’è di più: la via d’uscita dalle "trappole di povertà" la si trova solo partendo da una visione di futuro: qual è il Sud del futuro? La storia ci insegna, e le stesse vicende del Mezzogiorno ce lo hanno dimostrato ampiamente, che una condizione fondamentale per lo sviluppo di un territorio è comprendere quale sia la sua vocazione specifica. Non ci si sviluppa imitando altri, ma cercando di essere se stessi nella forma migliore. E per capire quale sia la propria vocazione, anche economica, c’è bisogno di uno sguardo nuovo, che sappia intravvedere i tratti distintivi, i punti di forza, le risorse di un territorio, il suo genio. Allora, i dati sui problemi del Sud andrebbero incrociati con quelli che mostrano i nuovi germogli, le esperienze di successo, i sentieri che si aprono. Per esempio, i dati sulla
green economy, settore ad alta potenzialità per innovazioni, produttività e possibilità di nuovi impieghi, ci dicono che tra le prime 20 Province italiane per investimenti e assunzioni, ce ne sono molte del Meridione. Lo stesso vale per l’industria della cultura e per il turismo.Le visioni, però, per diventare sviluppo, hanno bisogno di un terreno fatto di fiducia, di stima e di cooperazione. Ogni fiducia generativa di sviluppo è rischiosa, ma senza fiducia si precipita tutti in "trappole di povertà". Una cultura cooperativa, dove la fiducia può innescare circoli virtuosi, è una cultura in cui si comprende che insieme ad altri si possono realizzare opere mutuamente vantaggiose, anche se c’è il rischio che vada male. Quando invece in una comunità o in un popolo si pone l’accento sul fatto che gli altri possono approfittare dei nostri atti di fiducia, allora si rimane tutti bloccati e non c’è sviluppo. Ieri così si è espresso il nostro capo dello Stato. «Non possiamo dimenticare – ha detto Sergio Mattarella – che
il lavoro per tutti è un principio della nostra Costituzione. È un principio ambizioso, certo. Ma senza ambizione non c’è politica». Aggiungerei: senza fiducia e senza rischio non c’è sviluppo. E senza sviluppo non c’è lavoro. Oggi al Sud servono starter che possano ricreare luoghi della fiducia, e uno di essi è l’istituzione pubblica, che deve ricredere nel Sud con nuovi investimenti e atti concreti. La riforma del terzo settore potrebbe essere, se valorizzata, un’opportunità per innescare dinamiche nuove di cooperazione e di fiducia.Giorni fa mi trovavo a Bilbao, una città che ha saputo ripensarsi e trasformarsi da città industriale in declino a città d’arte e di cultura, assecondando il proprio
genius loci. Davanti a un museo ho letto: «Trasformare il ferro in titanio, con l’alchimia della speranza, della spinta e del lavoro di una comunità che mette mano all’opera per trasformare una città industriale in un punto di riferimento mondiale». Lì l’ambizione ha trasformato la realtà. Impariamo a fare altrettanto. Ne abbiamo la capacità e la possibilità, e proprio al Sud, la patria dell’Economia Civile e di Genovesi, che 250 anni fa scriveva che la fiducia è una corda (
fides) che collega, la pre-condizione di ogni sviluppo. Del Sud, dell’Italia, di tutti.