Si vengono svolgendo, in questi giorni, le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario presso i Tribunali ecclesiastici regionali. Da questi, in Italia, sono giudicate le cause di nullità dei matrimoni contratti a norma del diritto canonico e normalmente trascritti agli effetti civili, sulla base delle vigenti disposizioni concordatarie. Le loro sentenze, qualora accertino che il matrimonio è nullo, possono essere delibate acquistando effetti civili. Le cerimonie in questione, nelle quali viene resa pubblica l’attività del Tribunale nel corso dell’anno passato, costituiscono un’occasione singolare per conoscere aspetti importanti della nostra società. Uno degli elementi salienti nelle relazioni degli anni più recenti è dato dal fatto che la casistica delle nullità matrimoniali canoniche si è venuta modificando nel tempo, concentrandosi sostanzialmente su alcune fattispecie che costituiscono un evidente indicatore del grado di secolarizzazione cui è giunta la nostra società. Nel senso che sempre più spesso i casi di invalidità del matrimonio discendono dal fatto che da parte di uno o di entrambi gli sposi si è positivamente escluso il matrimonio così come la Chiesa lo presenta, ovvero una delle sue proprietà essenziali date dall’unità e dall’indissolubilità, oppure la sua naturale ordinazione al bene dei coniugi e alla procreazione. Si tratta di un fenomeno che impone alla Chiesa di aumentare l’impegno nella formazione prematrimoniale, tenuto anche conto del fatto che la maggioranza degli italiani si sposa religiosamente. Ciò al fine di istruire i futuri sposi sul significato non solo del matrimonio cristiano, con i relativi compiti dei coniugi e genitori credenti, ma anche e prima ancora del matrimonio in sé, come istituto naturale. Perché il matrimonio cristiano, come noto, altro non è che il matrimonio naturale, cioè comune a tutti gli uomini, elevato a sacramento se contratto tra battezzati; e perché le nullità dei matrimoni canonici nascenti dalle ragioni accennate sono nient’altro che il riflesso di una mentalità secolaristica che erode dalle fondamenta i caratteri stessi dell’istituto matrimoniale. Ma le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario presso i Tribunali ecclesiastici mettono in evidenza anche un altro aspetto. E cioè che nell’attuale fase storica la disciplina civilistica del matrimonio, nonostante alcune forti affermazioni di principio, sembra essere sempre più espressione di alcune tendenze culturali e istanze presenti nella società, frutto di una mentalità individualistica ed utilitaristica, piuttosto che strumento educativo (anche questa è una funzione del diritto) nei confronti dei valori che pure sono rintracciabili nel matrimonio civile. Si pensi solo al fatto che il diritto civile è venuto progressivamente a privare gli obblighi derivanti dal matrimonio di ogni sanzione giuridica, riducendo così l’enunciazione di essi nella legge all’additamento di un ideale matrimoniale, il cui rispetto effettivo è rimesso al grado di sensibilità dei coniugi ai valori. Viceversa accade per la disciplina canonistica che, partendo dai caratteri naturali – quindi irreformabili – del matrimonio, propone un paradigma valoriale che postula un consenso adesivo da parte degli sposi e, in questo modo, viene ad avere anche una chiara funzione educativa. Una funzione educativa i cui risultati non sono irrilevanti per l’intera società.