Resistenza e accoglienza
giovedì 27 aprile 2023

Abbiamo appena celebrato la festa del 25 Aprile in un clima surriscaldato dalla discussione su fascismo e antifascismo, forse inevitabile in una stagione segnata dalla prevalenza di una destra dall’ingombrante eredità politica e culturale del fascismo.

Un’eredità da cui la premier Giorgia Meloni ha infine preso aperte distanze, dichiarando l’«incompatibilità» tra quel regime e la forza politica di cui è leader. È necessario però andare oltre il dibattito storico-ideologico, trasferendo il confronto sul piano dei valori democratici che dalla Resistenza sono passati nella Costituzione repubblicana.

L’antifascismo non è soltanto celebrazione della libertà contro il totalitarismo, la repressione del dissenso, l’esaltazione della guerra. La lotta contro le discriminazioni (art. 3 Cost.) e l’affermazione del diritto di asilo (art. 10 comma 3) sono parte integrante della costellazione dei valori-guida della nuova Italia sorta dalla Resistenza, affermati fra l’altro da oppositori del fascismo che conobbero persecuzioni, condanne ed esilio. Sapevano bene che cosa intendevano respingere.

Resistenza fa dunque rima con accoglienza: di chi fugge da guerre e oppressioni, di chi cerca di costruire un futuro per sé e per i propri cari, di chi, pur privo del diritto di cittadinanza, vive in questo Paese, contribuisce al suo benessere, è entrato a far parte della compagine sociale.

Al contrario, quella cultura politica che non esita a definirsi “sovranista” entra in tensione con questi valori. Lo dimostrano l’enfasi sulla sacralità dei confini, le polemiche e gli ostacoli legali frapposti alle Ong che salvano le persone in mare, la volontà conclamata di restringere il diritto di asilo, ora anche verso chi è malato o ha legami familiari in Italia, la chiusura verso ogni alleggerimento delle norme sull’accesso alla cittadinanza, le più restrittive dell’Europa Occidentale, la coltivazione di un’identità nazionale rivolta al passato e attestata su una visione “etnica” dell’italianità. Non è casuale la convergenza su queste materie con governi e forze politiche dai dubbi standard democratici come quelle oggi al potere in diversi Paesi dell’Europa Orientale, anche se l’esito paradossale dei sovranismi incrociati è lo stallo dei tentativi di riformare le regole comunitarie sull’asilo all’insegna della solidarietà anche tra Stati della Ue.

Possiamo allora tornare a chiederci che cosa significa oggi incarnare i valori della Resistenza. Sono certo molti i modi per farlo. Ma, in un tempo di diffusa disaffezione per la partecipazione politica, risalta l’impegno umanitario di chi spende tempo, energie, denaro, oppure competenze professionali, tensione morale e capacità operative al servizio dell’accoglienza di profughi e immigrati. Cercando di sopperire alle carenze delle istituzioni, assicurando servizi basilari a chi è escluso da ogni aiuto pubblico, promuovendo la coesione di comunità locali che altrimenti dovrebbero fare i conti con sacche di emarginazione e conseguenze indesiderabili di un’umanità lasciata andare alla deriva. Dovendo però non di rado subire incomprensioni e chiusure, talvolta anche attacchi politici e azioni giudiziarie.

I protagonisti dell’accoglienza hanno storie e motivazioni molto diverse. Per alcuni si tratta di un prolungamento della militanza politica. Per molti altri non è così, le scelte solidali discendono da ragioni essenzialmente umanitarie, incluse quelle di matrice cristiana. Ma anche in questo caso, in un’epoca in cui la solidarietà verso gli stranieri è così contrastata, ne risalta il legame ideale con l’eredità resistenziale e costituzionale.

Oggi praticare l’accoglienza, sforzarsi di renderla dignitosa e liberante, difenderla dalle campagne di delegittimazione, significa collegarsi moralmente con chi quasi ottant’anni fa seppe battersi per un’Italia migliore e aperta al futuro.

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