sabato 7 dicembre 2019
Una giusta domanda su una questione al centro di grandi pensieri, di un nuovo libro e di una serie di articoli su "Avvenire" (che riprenderà a gennaio)
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Caro direttore,

con estremo interesse ho letto sul giornale del 20 novembre 2019 l’anticipazione del nuovo libro di Luigino Bruni, che si propone per densità e competenza di argomentazioni e per i molteplici spunti che offre. Vorrei accennare ad un interrogativo di fondo che mi ha suscitato la lettura: la questione centrale è nel rapporto tra cristianesimo e capitalismo. Se, come sostiene correttamente Bruni, il capitalismo si presenta come religione idolatrica, con i suoi culti e, appunto, i suoi idoli, con il denaro assunto come il dio che sostituisce quello delle religioni, ne consegue una insanabile contrapposizione con il Dio e con la religione cristiana (assunto e non concesso che il cristianesimo sia prima di tutto una religione e non un incontro con il Vivente). Non si può ritenere, infatti, che le due realtà si pongano su piani diversi: l’uno su un ambito totalmente terreno, l’altro su quello trascendentale, perché il cristianesimo è carne e spirito. Di conseguenza si pone la domanda sulla congruenza del superamento di questa inconciliabilità ontologica semplicemente auspicando che il capitalismo si apra alla etica e che nel mercato capitalistico possano sussistere i princìpi del dono e della gratuità (sto pensando alla Caritas in veritate di Benedetto XVI). Spero in una risposta… Buon lavoro.

Carlo Bernini Carri, Cesena


Caro signor Carlo,

il tema è complesso, e infatti se ne discute da più di un secolo, se vogliamo partire dai lavori di Max Weber e Giuseppe Toniolo tra Otto e Novecento. A me piace la tesi del filosofo Walter Benjamin, che definisce il capitalismo un "parassita" del cristianesimo e dell’umanesimo biblico. E di questo parlo nel mio libro in uscita "Il capitalismo e il sacro" (coedito da Vita e Pensiero e "Avvenire") cui lei fa riferimento. Ora la metafora del parassita è anch’essa ambivalente, perché se una realtà cresce come parassita di un’altra, se ne nutre e incorpora alcuni dei suoi elementi e sostanze. Quindi la domanda cruciale oggi diventa: quali elementi dell’umanesimo ebraico-cristiano sono entrati nel capitalismo e quali ne sono rimasti fuori? E quelli entrati, se sono stati recepiti in modo parziale, sono rimasti 'genuini' valori cristiani o sono stati stravolti e manipolati? Su questi temi ho concordato con il direttore, che mi ha invitato a dialogare con lei, una serie di articoli a partire da gennaio 2020. Intanto le faccio un esempio su come un valore cristiano è stato rivisitato e usato dal capitalismo: la parabola dei talenti. Questa parabola di Matteo viene narrata per parlare alla Chiesa primitiva della logica del Regno dei cieli. Quindi le monete e il linguaggio economico (banche, interessi, investimenti …) sono usati come metafora, per dirci altro. Più tardi, ci siamo dimenticati l’uso metaforico del linguaggio, e abbiamo trasformato quella parabola, che non era un insegnamento sull’etica economica, in lode dell’attività imprenditoriale e persino del capitalismo, travisando chiaramente il senso della narrazione. Ma questo è solo un esempio per dire quanto sia complesso il tema. Grazie della sua domanda.

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