Nella ridda di revisioni ed emendamenti al testo di radicale riforma del Bicameralismo che accende il dibattito parlamentare di questa estate calda più per l’intemperie politica che per il timido sole, ieri l’aula di Palazzo Madama si è espressa a favore dell’assegnazione al Senato di competenze paritarie sui disegni di legge che riguardano i «temi eticamente sensibili». Anche con la riforma, le norme che riguardano l’inizio e la fine della vita umana, la sessualità, la famiglia, le convivenze, la generazione dei figli e la loro educazione, la salute, i diritti e i doveri civili, l’ambiente ed altro ancora continueranno a essere discusse e votate sia alla Camera sia al Senato. Al di là dell’inconcluso e persino astioso dissidio tra favorevoli e contrari a un Senato non direttamente eletto dai cittadini e sulla sua 'autorevolezza democratica' nell’esercizio del potere legislativo, il permanere di un duplice ambito di elaborazione delle norme che tutelano beni comuni e fondamentali per la persona e la società risponde in via di principio a un criterio saggio ed equilibrato: quando è in gioco l’essenziale della vita di un popolo e di una nazione, quattro occhi vedono meglio di due. E, si sa, gli occhi della politica – tanto più nel caso di una Camera politica che sarà quasi certamente controllata da una forte minoranza resa maggioranza dal premio in seggi assegnato dal sistema elettorale al vincitore – non sono esenti dai difetti del campo visivo umano. Talvolta quegli occhi fanno fatica a leggere la realtà più vicina, a distinguere ciò che è congiunto e inalienabile da quello che può essere separato e tolto, quanto ultimamente ha davvero valore dai problemi enfatizzati che abbagliano la mente e i sentimenti. In altri casi, non riescono a gettare lo sguardo oltre l’ostacolo, oppure a vedere con lungimiranza le conseguenze individuali e comunitarie – per le generazioni future – di una scelta fatta oggi, di un’azione consentita o negata al presente. Un assetto istituzionale che aiuta a correggere la presbiopia e la miopia dello sguardo politico può davvero giovare al realismo, alla ragionevolezza e alla moralità dell’azione legislativa. La transizione dalla riflessione antropologia ed etica alla normazione giuridica delle questioni che toccano la persona nella sua dimensione fisica, affettiva, spirituale, relazionale, educativa e ambientale - un complesso e delicato passaggio mediato socialmente e politicamente dal dibattito pubblico esige ambiti e tempi di riflessione e discussione più estesi rispetto a quelli di procedimenti legislativi di altra natura civile, penale o pubblica. Chi legifera si deve porre in ascolto del pensiero e dell’esperienza di quanti lavorano sul campo, documentarsi e confrontarsi con realtà dai molteplici aspetti (spesso interdisciplinari e multiculturali), riflettere e prendere una decisione personale in 'scienza e coscienza'. Senza negare l’urgenza di un cambiamento che la crisi economica, finanziaria, lavorativa e politica suggerisce con imponenza, la fretta di voltare pagina che sembra caratterizzare l’attuale stagione politica mal si addice a entrare nel merito legislativo di norme che non sopportano l’approvazione a colpi maggioranze preordinate su schieramenti di partito o di governo. Come la storia del nostro Paese sottolinea, la libertà di coscienza dei singoli membri delle Camere ha portato al costituirsi di maggioranze e minoranze che riflettono posizioni antropologiche ed etiche più che quella dei gruppi parlamentari di appartenenza. Questo passo verso una sorta di bicameralismo asimmetrico, che resta valido in materia di questioni 'eticamente sensibili', può perciò fornire uno strumento adeguato. Ci si pensi seriamente, anche nel prossimo passaggio del testo alla Camera. Una legislazione autenticamente 'laica', del resto, non può fare dell’etica uno strumento di riconoscimento identitario, una demarcazione della separatezza culturale, una bandiera della politica, perché questo tradisce lo statuto stesso dell’etica che è un giudizio della ragione e una mossa della libertà di tutti e per tutti, un bene condiviso da ogni cittadino a cui ciascuno di noi – cattolico o no – è chiamato a offrire il proprio contributo di riflessione e di esperienza morale attraverso la vita politica del Paese.